Rispetto ai precedenti Clockers segna una rottura. Non sono più le differenze razziali a fornire un comune denominatore alle vicende narrate ma altre dinamiche e tutti i personaggi si muovono su direttrici diverse rispetto ai film precedenti. Ad esempio quella criminalità/legge o redenzione/punizione vittoria/sconfitta. Ma è sopratutto quest'ultima che mi sembra più evidente. Ogni personaggio cerca di perseguire un obiettivo che alla fine rimane non realizzato. Ma se negli altri film l'elemento razziale è la cornice e la causa di tutti i mali perchè le disgrazie si ascrivono in fin dei conti alla colpa di essere "neri o bianchi", qui sembra esserci un destino suoperiore, una forza ultraterrena che impone l'incontrollabilità degli eventi e lo sfascio finale.
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sabato 29 ottobre 2011
Clockers di Spike Lee
Rispetto ai precedenti Clockers segna una rottura. Non sono più le differenze razziali a fornire un comune denominatore alle vicende narrate ma altre dinamiche e tutti i personaggi si muovono su direttrici diverse rispetto ai film precedenti. Ad esempio quella criminalità/legge o redenzione/punizione vittoria/sconfitta. Ma è sopratutto quest'ultima che mi sembra più evidente. Ogni personaggio cerca di perseguire un obiettivo che alla fine rimane non realizzato. Ma se negli altri film l'elemento razziale è la cornice e la causa di tutti i mali perchè le disgrazie si ascrivono in fin dei conti alla colpa di essere "neri o bianchi", qui sembra esserci un destino suoperiore, una forza ultraterrena che impone l'incontrollabilità degli eventi e lo sfascio finale.
lunedì 24 ottobre 2011
Il mio racconto senza x-factor
Due considerazioni.
Durante i provini di ieri mi ha colpito la storia di due sorelle che da anni non si parlavano e che presentandosi l'una all'insaputa dell'altra, si sono ritrovate nello stesso giorno a cantare. Una entra e canta e viene esclusa. Arriva la seconda e sembra passare, ma la giuria inizia a notare che questa concorrente è molto somigliante a quella di prima, allora iniziano ad indagare, a chiedere perchè e percome fino a far buttare fuori che le due sono in rotta da tempo.Ovviamente il tutto corredato da: lacrime, litigi, rifiuti, disperazione ecc. Diciamo che è stato il momento "Cepostaxte".
Qui ci ho visto un altro effetto ancora peggiore: la preponderanza della tv su tutto e tutti. La capacità di fagocitare il reale (nel caso in questione la relazione compromessa da anni delle due sorelle) e di trasformarlo in "materiale tv" da propinare al pubblico.
Sicuramente non dirò nulla di nuovo e altri, ben più esperti e consapevoli di questi meccanismi, potrebbero esporre una lezione molto più esaustiva sull'argomento. Eppure ecco la mia considerazione finale. Per quanto provi ad essere consapevole del funzionamento della tv, per quanto cerchi di essere uno spettatore attivo e scettico dei suoi contenuti, non riesco a sottrarmi all'ammaliante effetto di anestetico del cervello e mi lascio incuriosire dalle morbosità delle emozioni che la tv propina.
mercoledì 19 ottobre 2011
dylan dog- il film
Quale è stato l'esito? Così così.
Perchè?
Perchè il problema fondamentale di un film su Dylan Dog è l'insormontabile paradosso che si crea quando gli unici a poterlo realizzare (per mezzi e soldi ecc) sono gli americani e gli unici che non lo dovrebbero realizzare sono gli americani stessi.
Gli americani sono bravissimi a tradurre i fumetti in film, basta guardare tutte le trasposizioni dal vecchio Batman di Tim Burton (il primo mi era piaciuto...) agli ultimi di Nolan senza tralasciare ovviamente i riuscitissimi X-Men. Ovviamente prendono anche loro delle cappelle, ma fondamentalmente le trasposizioni gli riescono bene.
Però Dylan Dog no. Non avrebbero dovuto farlo loro perchè non avrebbero mai potuto cogliere l'atmosfera underground del fumetto, le contraddizioni, la cultura elevata mista a quella pop, la melanconia del personaggio e tutto quanto ha caratterizzato questo comic nostrano.
D'altra parte qui da noi traduzioni di fumetti in film non se ne vedono almeno dalla morte del cinema di genere e mi pare che l'ultima decente sia stata quella di Diabolik di un certo Mario Bava (Bava dirige Diabolik è come Miyazaki che dirige Lupin III: that's incredible! a proposito ho rivisto proprio il castello di cagliostro: c'è tutto miyazaki negli stacchi della macchiana da presa e nel ritmo lento di certe sequenze).
Insomma da noi non ci stanno più abbastanza schei per rendere credibile un fumetto/film splatter come Dylan.
Allora dacci dentro Hollywood. E che succede?
Succede che ne esce un Constantine da poveri, cioè una storia in cui abbiamo un tizio privo di poteri soprannaturali che deve risolvere un enigma che coinvolge un mondo notturno alternativo a quello diurno e deve fronteggiare vampiri e licantropi (che udite udite: si odiano! Come nella migliore tradizione Twilight, Underworld et similia). Embè? Tutto qui? Purtroppo sì. Perchè il nostro indagatore dell'incubo, probelmatico ma disposto a credere nell'ignoto e nel soprannaturale è diventato un detective privato che ha addirittura il ruolo magico di essere il guardiano del mondo altro di vampiri e company. Ma dai, ma che c'entra!
Ma vediamo nel dettaglio le deviazioni rispetto al fumetto e capiamo dove il film pecca:
1. il personaggio
Dylan Dog originale è un ex poliziotto, ex alcolizzato, che fatica ad arrivare a fine mese con le 100 sterle più le spese che recupera (quando gli va bene) dai pochi clienti che ha. E' pieno di paure, misoneista, è propenso a perdere ingenuamentela testa per ogni femmina che incontra, è molto autoironico, è magro e affamato e costantemente fuori moda e al verde. Insomma è l'antieroe. Il D.D. del film è un figo, senza macchia e paura, muscoloso ed esperto dell'arte dell'investigazione, che dà del tu a tizio e a caio (i vari "mostri") come manco fossero i suoi compagni di scuola. Sicuramente era troppo pretendere che fosse Rupert Everett ad interpretare il personaggio, ma almeno non che fosse Brandon Routh che ha fatto Superman ( e infatti per superman il fisique du role ce l'ha).
Ma il problema vero non è la somiglianza fisica, è proprio l'aver stravolto l'essenza del personaggio: da antieroe problematico a ganzo che spacca il mondo. Non basta vestirlo uguale, fargli dire "right" (pessimo nella versione italiana), o "giuda ballerino". Non è più lui. Si è creato un personaggio ex novo che mi sembra perarltro molto piatto (e qui anche l'attore contribuisce con la sua minima capacità espressiva).
2. la location
Da Londra a New Orleans. Londra è la patria di Jack Lo Squartatore, nel fumetto è una città che spesso si trasforma in qualcosa di vivo o quanto meno di posseduto da demoni e spiriti che la plasmano, la deformano, la piegano. Ti perdi nella nebbia di Londra e ti ritrovi sgozzato in una pozza di sangue ai Docks. Londra è una città in cui puoi ambientare un horror. E' insomma una componente essenziale delle storie di Dylan. N. O. cos'è? Forse nella mentalità americana è la città più misteriosa che hanno, ma solo per tradizione culturale (vodoo et similia), come si capisce dalle interviste ai produttori presenti nel Dvd (almeno l'edizione che ho io). In realtà non c'entra nulla con la storia nè il personaggio. Non dice nulla.
Si poteva ambientarlo a New York e l'effetto sarebbe stato molto più simile a quello del fumetto.
3. Groucho, la spalla.
Vabbè, sarebbe stato troppo difficile mettere la maschera ad uno e fargli interpretare Groucho; l'esito sarebbe stato poco credibile. Allora lascialo solo. Che c'entra Marcus? E' la spalla comica che sopperisce alla mancanza della spalla originale. Quindi dovrebbe fare da controparte umoristica inserendo la componente humor che attenui la paura. Il problema che nell'originale l'humor è provocato dalle strampalate barzellette e dalle assurde battute non sense di Groucho; qui da un personaggio maldestro e buffo. Siamo su due piani troppo diversi.
4. il maggiolino
Nell'originale è bianco, nel film è nero: questa me la devono spiegare perchè non l'ho capita.
5. il ruolo di Dylan
Da investigatore dell'incubo a custode e arbitro di un'eterna lotta tra due fazioni che segretamente vivono su questa terra all'insaputa di noi poveri e ignari umani. Ma per favore!
6. lo splatter
Quello almeno è rimasto. Solo che nell'originale le situazioni sono ironiche. L'horror è spesso incorniciato in una situazione in cui viene demistificato dalla battuta o dal gesto ed è funzionale a comunicare l'assurdo. Nel film è un po' fine a se stesso (impressionare o spaventare) e comunque ci sono film molto più splatter e sanguinolenti di questo.
7. Il rapporto con la polizia
Manca il commissario Bloch che è diventato nel corso degli anni un personaggio assolutamente fondamentale del fumetto. Nel film si accenna brevemente al fatto che Dylan conosca i poliziotti...che è un po' come dire che conosce i vigili del quartiere.
In soldoni, si poteva fare diversamente? Sì.
Si poteva fare meglio? Forse. Forse il soggetto è troppo difficile da essere tradotto in film, oppure se proprio ci si vuole cimentare nell'impresa che almeno si faccia più attenzione e ci si metta un po' più di cura. In giro si vede di meglio sicuramente.
venerdì 7 ottobre 2011
una frase di Job
"Non vivete la vita di qualcun'altro"
è una delle frasi del discorso tenuto all'università di Stanford che mi ha molto colpito.
Potersi dedicare pervicacemente alla realizzazione dei propri desideri... cercare di fare un lavoro che appassiona perchè se no il lavoro è solo una schiavitù.
Quali insegnamenti migliori?
A volte penso al fatto che tutti noi siamo destinati a morire. Ci pensate? Ci pensiamo abbastanza?
Dovrebbe essere un pensiero quotidiano, quasi connaturato alla nostra essenza, invece è solo una paura rimossa e gettata nell'oblio dell'inconscio.
Ma poi l'inconscio si fa sentire ed ecco che la paura ritorna, magari sotto altre forme, come ci ha insegnato Freud.
Ma questo é un altro discorso...
Sono troppo esistenzialista? Vabbe' abbiate pazienza, ma sono convinto dì quello che scrivo (dico).
Fine
giovedì 6 ottobre 2011
Steve Jobs
Non sono il tipo che si straccia le vesti per la morte di un uomo famoso o che scende in piazza a deporre fiori piangendo come per Lady D. ma quando questa mattina ho letto la notizia ho provato molta tristezza.
Mi ha rattristito pensare che un personaggio come Jobs che ha fatto davvero qualcosa di rivoluzionario (e ha anche saputo esprimere grandi idee: vedere il discorso all'università di Stanford: http://www.youtube.com/watch?v=oObxNDYyZPs) se ne sia andato.
Mi rattrista constatare chi rimane qui in Italia oggi. Ho pensato alla crisi che stiamo attraversando che non è solo economica, come ci si ostina ottusamente a pensare, ma è soprattutto di coscienze.
Stiamo vivendo una crisi psicologica che investe la nostra comunità di cui quella economica è solo un riflesso o se volete un sintomo.
Steve Jobs se ne va e da noi rimangono i nostri politici... guardateli e vergognatevi perchè li avete votati voi.
Ma forse non è giusto parlare di Jobs e dei politici italiani; forse non c'azzecca niente il paragone. Sono solo pensieri in libertà nati da un senso di scoraggiamento e tristezza per la scomparsa di un uomo ammirevole.