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venerdì 8 dicembre 2017

Campioni di guai


I fan italiani di fantascienza conoscono sicuramente Scott Bakula per i telefilm "In viaggio nel tempo - Quantum Leap" e "Star Trek Enterprise". Ma Bakula ha recitato anche sul grande schermo e in ben altre produzioni forse anche poco conosciute. 

Eccone un esempio: "Campioni di guai" il cui titolo originale è "Necessary Roughness" che mi pare suoni un po' come "rudezza necessaria" o qualcosa del genere. E' un film del '91 e scommetto che pochi se ne ricordano. Da parte mia l'avevo visto da ragazzo e finalmente pochi giorni fa ho avuto la possibilità di rivederlo.

Sono convinto che i film "sportivi" siano suddivisibili in tre sottocategorie distinte e distinguibili:
- i Biografici o Biopic, cioè quelli che raccontano di qualche personaggio / storia reale. Si tratta generalmente di drammi in cui il protagonista di solito trova nello sport il riscatto per una situazione di partenza svantaggiata, la povertà, una malattia, o qualsiasi altra sfiga (ad esempio: Imbattibile basato sulla storia di Vince Papale);
- i drammatici ma non reali. Sono come i precedenti con l'unica differenza che la storia non è vera, ma a volte ispirata a fatti reali. C'è sempre un protagonista che affronta delle avversità e solitamente nello sport realizza la propria esistenza, a fronte di sfighe, sventure, incidenti e quant'altro (esempio: ogni maledetta domenica di Oliver Stone);
- infine le commedie/comici. Sono spesso film demenziali, con personaggi fortemente caratterizzati e spesso macchiettistici. Abbiamo di solito un protagonista, il vincente, attorniato da una serie di personaggi improbabili. Solitamente le storie presentano elementi irreali come, animali che sono giocatori attivi di squadre di calcio, bambini così bravi che giocano in nazionale (giuro: vedasi Fimpen il goleador), donne che entrano nelle squadre maschili e così via. Spesso la caratteristica di questi film è mantenere il livello comico per tutto il tempo e poi chiudere riscattando il senso con il messaggio finale  che è spesso un non mollare, non cedere ai compromessi, e così via (e qui di esempi ce ne sono anche in Italia, con L'allenatore nel pallone e Mezzo destro mezzo sinistro).

Ecco, Campioni di Guai rientra nel terzo gruppo di film. Si tratta infatti della classica commedia sportiva americana, ambientata in questo caso nel mondo del football universitario.

La storia è molto semplice, e senza spoilerare nulla (perché non c'è proprio niente da spoilerare) è all'incirca questa: in un college del Texas, in cui il football è lo sport per eccellenza tra tutte le discipline, la locale squadra viene azzerata da uno scandalo di corruzione e violazione delle rigide regole sul divieto di elargire compensi agli studenti - giocatori. A questo punto, per portare avanti il "programma" di football dell'università, tanto caro ai finanziatori, viene ingaggiato un vecchio allenatore fiero e integerrimo che avrà il compito di formare le poco ortodosse nuove leve). A fare da ciliegina sulla torta il vecchio Bakula, che vecchio in tutti i sensi (intepreta un uomo dalla veneranda età di 34 anni...) viene richiamato sul campo di football, abbandonato anzitempo per problemi familiari, dove potrà riscattare il tempo perduto. Il resto della storia sono tutti riempitivi. Il senso è tutto qui. 

Ma a differenza di altri film del genere (uno su tutti "Le riserve" di Howard Deutch) il film non funziona a dovere perché quello che manca è proprio il messaggio finale; la catarsi che deve trasformare il film da giochetto a testimone di un messaggio un po' più serio. Qual è infatti il senso del ritorno di Bakula sul campo di football? Non si capisce, o meglio dovrebbe essere proprio quello del tempo perduto e della seconda possibilità concessa ad un uomo sconfitto dagli eventi della vita (che è lo stesso tema di "Le riserve" ma anche del bellissimo "Tempi Migliori" del 1986 con Kurt Russell e Robin Williams). Qui non succede, perché questo tema, che è sì presente nel film, non viene abbastanza sviscerato nella trama, insomma passa in secondo piano. Alla fin fine quindi il film si riduce ad essere una commediola senza pretese che avrebbe potuto anche significare qualcosa in più, ed è un peccato, perché sarebbe bastato davvero poco.

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