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martedì 25 luglio 2017

Sconforto

Volevo scrivere in post incazzato e mi ritrovo a scriverne uno in preda allo sconforto. L'argomento che aveva suscitato la mia indignazione era la notizia della buonuscita di 30 mln di euro (80% in azioni e 20% in contanti) che guadagnerebbe l'ex ad di tim dopo solo 1 anno di lavoro (!). Il fatto è che nessuno ha detto nulla, fatta eccezione per un articolo di Cazzullo sul Corriere pubblicato due gg dopo la diffusione della notizia.
Questa è stata l'unica timida contestazione.
Ma proprio nessuno dice nulla? Certo, capisco che esistono altri campi, quali il calcio e lo spettacolo, dove sono elargiti stipendi ultra generosi per nulla, ma mi sarei aspettato un minimo di reazione. Invece no. Come a dire: Non ce ne frega nulla, tanto è uguale. Ed è continuando la lettura dell'articolo di Cazzullo che alla rabbia è subentrato lo sconforto. Perché forse il punto non è l'entità della buonuscita in sé. Ma il contesto in cui si colloca. Disoccupazione diffusa, emigrazione dei giovani, calo demografico e penetrazione nel nostro sistema economico di aziende straniere ( è stata un'azienda francese a scalare tim, e quindi a sostituire l'ad). E chi pensa a tutto questo? Nessuno. E il governo? No, non ha i mezzi, è troppo debole e il prossimo se si riuscirà a farlo, sarà ancora più debole, almeno secondo i sondaggi che prevedono una spaccatura dell'elettorato in tre parti uguali: sx, dx e 5stelle. Ma che volete infatti che esca fuori da una situazione del genere? Un governo che risolve i problemi? Già sarà tanto se lo riescono a fare.
Così oggi leggo di quell'esponente del pd che ha lanciato un allarme contro la sparizione della "razza" italiana causata dal calo demografico e dalla mancanza si politiche per la tutela delle mamme. Allora cosa succede? Che viene attaccata perché ha usato la parola "razza". Lo riconosco è un termine infelice (e come sempre quelli del pd non sanno comunicare pur avendo buone intenzioni). Ma porca miseria, il problema c'è. C'è un problema di natalità in questo paese. E questo problema è la diretta conseguenza di altri due problemi: la mancanza di sostegno alle famiglie e alla maternità. E invece di parlarne si lanciano strali indignati contro le parole e le persone e non si affrontano i problemi veri. Bravi, bravi. Così non si va da nessuna parte.

lunedì 24 luglio 2017

La legge della notte...ma anche no.

Recensione napvalica.
Allora. Il film si lascia vedere, nel senso che non mi sono annoiato tranne nel punto in cui credo di essermi addormentato per qualche minuto, ma perché ad una certa ora sul divano crollo. Quindi non so se mi sono perso qualcosa della trama, è che comunque il film ha la pecca di essere un po' piatto. Senza spoilerare la trama, lo spunto di partenza è questo: un tipo normale partecipa alla prima guerra mondiale dove viene a contatto con la morte e ne resta schifato. Deduce di non voler più prendere ordini da nessuno, per questo decide di fare il criminale (!). Dunque, Affleck è lo sceneggiatore, è il regista ed è pure l'attore protagonista. E qui sta il problema. Afflecckone, ma che ci combini?
Andiamo con ordine:
Il titolo non c'azzecca nulla. Né quello italiano ("la legge della notte", ma quale legge è? Boh?), né quello originale ("live by night". Ancora con 'sta notte, ma se si svolge per lo più di giorno. Boh? Ah, ma può esse 'na metafora. Nun l'ho capita. Boh?).
La sceneggiatura dà l'impressione che si avessero un sacco di idee ma che non si sapesse quali scegliere né dove andare a parare. Inizia con una voce fuori campo e un flashback e dici ok allora è tutto così. Poi la voce sparisce e quando si chiude il flashback il film va ancora tanto avanti. Mah. Poi ci sono almeno 4 finali senza contare che il protagonista non muore mai, riesce in tutto e sconfigge tutti i cattivi. A questo punto non mi sarei stupito se avessero detto che ce l'aveva  pure enorme, perché così tutto quadrava.
Poi la recitazione. Ok in ogni fotogramma c'è Affleck e se il film lo vedevo al cinema probabilmente era lì che mi serviva anche i pop corn. Però il punto è che sembra imbolsito e poco espressivo. Ma insomma, se al suo posto ci si metteva un cartellone con la sua foto e lui che leggeva le battute in ciabatte dietro la macchina da presa il film veniva uguale lo stesso.
Per finire: nulla. Purtroppo sono lontani i tempi degli Oscar.
See ya soon cowboy.

domenica 16 luglio 2017

Te lo leggo nella mente


Tempo fa, e non saprei nemmeno dire quando, acquistai questo libro per la curiosità di conoscere qualcosa in più del misterioso mondo del mentalismo, del quale avevo tanto sentito parlare, ma non conoscevo una mazza. 
Devo ammettere che subito questo libro non mi entusiasmò e dopo poche pagine lo abbandonai in uno dei meno accessibili scaffali della mia libreria, dimenticandomi o quasi della sua esistenza. 
Non l'avevo capito. Mi era sembrato sciatto e privo di significato. 
Lo so, lo so. Sono un coglione.
Poco tempo fa mi sono imbattuto in questo post pubblicato su Giap! dai Wu Ming e ho pensato: "Cavolo, ma io questo Tomatis l'ho già sentito! E pure il titolo del libro mi dice qualcosa...e anche la copertina azzurra con quel disegno...ma porc. ce l'ho il libro!" 
Beh, insomma, l'ho già detto che sono un coglione. 
E infatti lo ripesco dallo scaffale dei libri dimenticati e, invogliato dal post dei Wu Ming, mi rimetto a leggerlo. 
Ora non dico di averlo finalmente capito in toto, ma almeno ho capito che allora non l'avevo capito (capito, no? è chiaro?).
Il punto è che il testo è un percorso scandito in tappe, o "porte" che si schiudono via via su una realtà sempre più rivelata, di introduzione ad una realtà "magica", dove la magia è esclusivamente un prodotto della nostra mente. Allora c'è una bella differenza tra il prestigiatore e il mentalista. Dove il primo lo si può immaginare come un tecnico delle illusioni capace di stupire, il secondo è un narratore capace di convincere. Una performance mentalistica pura dovrebbe condurci in un'altra realtà o farci scoprire qualcosa della nostra realtà che prima non conoscevamo e quindi introdurci in un mondo di conoscenze più vasto. 
Ovviamente la mera prestidigitazione e il mentalismo spartiscono la capacità tecnica, ma poi il mentalismo richiede altro, cioè cultura, curiosità, creatività, e sopratutto capacità affabulatoria. 
Ecco perché il mentalista deve essere un abile narratore. Perché chi assiste ad uno spettacolo mentalista sia assorbito in un'altra realtà, in cui i "giochi" di prestigio acquisiscano maggiore significato e quindi credibilità. La cornice è tutto.
In effetti Tomatis preme molto su questo aspetto. Se ci si vuole avvicinare a quest'arte, perché a certi livelli si tratta di vera e propria arte, bisogna crearsi un mondo e un personaggio da interpretare possibilmente cercando qualcosa di attinente ad un'ambientazione credibile e che sia di proprio gusto. Ad esempio Tomatis propone un progetto di mentalismo interessante in cui unisce due le sue due passioni: Lost e la Matematica. Ma ovviamente le possibilità sono tantissime. 
Conclusioni: il libro è gustoso, è scritto bene e lo si legge velocemente. E sopratutto incuriosisce e invoglia a saperne di più. 
E io che non l'avevo capito sono un coglione. 
Ma l'avevo già detto da qualche parte, no? 

Ciao


martedì 11 luglio 2017

L'isola di Arturo

Quando finisco di leggere un romanzo, o un saggio, ho sempre bisogno di un momento di riflessione, come se dovessi digerire e assimilare quanto appena letto. 
Mi vergogno di aver impiegato diversi giorni a leggere L'isola di Arturo e di non averlo apprezzato fin da subito. Ci ho messo un po' e verso la metà mi sono imposto di continuare e finire. 
Ma alla fine il romanzo colpisce. Sarebbe inutile farne una critica, e io non sarei minimamente capace di aggiungere nulla di nuovo a quanto immagino sia già stato detto dalla critica. Ci sono romanzi che andrebbero letti tutti d'un fiato. E questo  è soprattutto un romanzo psicologico, non di azione,  in cui la narrazione si sviluppa tutta intorno alla formazione di una personalità che avviene nel passaggio dalla fanciullezza /adolescenza all' età adulta.
Tutto è mediato dagli occhi di Arturo. È lui che narra le vicende e la narrazione è il frutto della sua comprensione della realtà. Così noi lettori veniamo a conoscere una realtà dei fatti e non la realtà. Fino a quando non avviene la maturazione e il disvelamento di quella che è la realtà, o se volete, un'altra realtà, rispetto a quella prima percepita da Arturo. È secondo me sta qui la grandezza e la modernità del romanzo della Morante. 
Dopo Arturo è l'isola la protagonista. Da luogo fisico, geografico, diventa luogo mentale e infine simbolo dell'età infantile /adolescenziale che purtroppo non tornerà più.
...
Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano.
L'isola non si vedeva più.

mercoledì 5 luglio 2017

Morto Villaggio, muoiono i blog, e c. vari

Allora è morto Villaggio.
E qual è il modo migliore di celebrarlo se non essendo protagonisti di una scena fantozziana proprio nel giorno della sua morte.
In mattinata al lavoro vado in bagno. E quando mi sbottono i pantaloni, il bottone si stacca e vola diretto in fondo alla tazza. Pluf. Lo guardo affondare e penso: "Ecco, a te Fantozzi".

Ok. Ma Villaggio non è stato solo questo. E va bene, ma ciascuno di noi, come sempre accade in questi casi, lo ricorderà per qualcosa in particolare. Per me, come per molti sono i film di Fantozzi, i primi sopratutto, perché gli ultimi mi sono sempre rifiutato di guardarli. Per mia madre probabilmente per il tedesco di "Cermania" Krunz, che già quelli della mia generazione non conoscono.

Allora muoiono anche i blog (qui), così scriverci è fuori tempo. Bene, bene, così non avrò rimpianti quando lascerò passare troppo tempo tra un post e un altro.

Allora (e tre...). Ho finito di vedere la seconda stagione di Mr. Robot . Una serie Fantathriller, se così si può dire, che Infinity ha trasmesso intera.
Diciamo che i primissimi episodi della prima stagione sono un po' aridi, ma hanno un che di disturbante che ti induce a proseguire. Via via la trama diventa sempre più fitta e intricata con successivi colpi di scena che spiazzano. Insomma si rimane incollati. E mi stupisce che finora non abbia avuto la stess fama di altre serie che vanno per la maggiore adesso.
La cifra stilistica della serie è l'inquadratura scentrata, in cui il parlante è collocato in primo piano in basso a sinistra o a destra dello schermo. Ci sono anche diversi silenzi e temi dilatati, ma il tutto non stona.  Da vedere.

E ora un quesito per tutti:
Ma perché cazzeggiando su youtube ho trovato questa canzone che esprime perfettamente il mio umore di questo periodo?