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mercoledì 8 aprile 2020

L’inganno perfetto? Non mi ha convinto


Grazie ad un abbonamento appena rinnovato ad una piattaforma di streaming legale (perché io vedo solo streaming legale e a pagamento, giuro), ieri ho potuto vedere in 4k il thriller “L’inganno perfetto”.

Al che mi direte: e a noi che ci frega? Rispondo: avete ragione. Ma allora cambiate pagina e andate a vedervi qualche pornazzo e non rompetemi il c…o (sono in vena di rime…è la quarantena che stimola la mia vena poetica).

Comunque, come sempre: NO SPOILER!

A proposito: io aggiornerei i comandamenti ai tempi moderni, perché ogni tanto ci vuole, e toglierei il “non fornicare” (…uno a caso…), che tanto è difficile rispettarlo, con: “Non spoilerare!”, con tanto di punto esclamativo che da più un senso di perentorietà (da notare la povertà linguistica di questo passaggio: ci sono ben tre avverbi “tanto” in tre righe: vergogna! E vuoi pure fare lo scrittore? Ma fammi il piacere…).

Ecco.

L’inganno perfetto  è un film del 2019 diretto da B. Condon e tratto da un romanzo di N. Searle.
Non ho letto il romanzo pertanto non posso esprimere un parere. Del film posso dire però che si avverte la sensazione che la storia abbia una “base” narrativa, soprattutto nella seconda parte. Ma questo è un difetto.
Immagino nel romanzo lo svolgimento della storia si dipani con un ritmo consono alla narrazione letteraria, che non è stato reso nella trasposizione su pellicola.

Il film si regge in piedi grazie alla prova attoriale di due “mostri sacri” quali I. McKellen e H. Mirren.
La trama si svolge intorno al rapporto tra i due; sui loro scambi e sul fatto che lo spettatore sappia già che c’è un inganno che dovrà rivelarsi prima o poi. La prima parte scorre bene, ottimi attori, ottima regia, ottimi tempi e storia accattivante. La seconda parte, no. La trama subisce un’evoluzione repentina, purtroppo con poco pathos, e si susseguono colpi di scena, o almeno nelle intenzioni della sceneggiatura dovrebbero essere tali, in una costruzione per accumulo a scapito della tensione.

Immagino che nel romanzo il rapporto tra i due protagonisti sia ben approfondito (lo spero, almeno…) e costruito per non rivelare nulla al lettore. Non è lo stesso per il film: noi spettatori degli anni 2000, smaliziati e con decine e decine di film e libri alle spalle, lo capiamo chi dei due prevarrà. Insomma, pure al netto delle rivelazioni, si immagina subito dove si andrà a parare.

Conclusione.
Non mi è dispiaciuto. Ma non è stato nulla di particolare. Si apprezza per la presenza dei due attori protagonisti e per un po’ di curiosità, non sul “come andrà a finire”, ma sul “come lo faranno finire”, che non è la stessa cosa.

Voto: 6. Ma per il rotto della cuffia. 
Mi aspettavo di più.

sabato 4 aprile 2020

Il ricevitore era una spia!

The Catcher was a spy è un film del 2018 tratto da una storia vera. 
E' l'incredibile storia di Moe Berg un ex giocatore professionista di baseball che durante la seconda guerra mondiale diventò una spia del servizio segreto americano, l' OSS, l'antesignano della Cia. 

Per quanto la storia sia avvincente non lo è altrettanto il film. 
Non nella prima parte almeno, alquanto pallosa. Il cast è notevole: P. Rudd che intepreta Berg e poi Mark Strong, Sienna Miller, J.Daniels, G. Pearce, P.Giamatti e addirittura i nostri Favino e Giannini, che se mi è permesso dirlo (...ma certo che mi è permesso, è il mio blog, e poi ho ragione a dirlo...) fanno una figura molto migliore dei loro colleghi stranieri. 

Sinceramente la recitazione, main actor in primis (...che connubio di anglo - latino! A Dante gli verrebbe un infarto. Fortuna che è morto da qualche secolo...), è poco convinta e quindi poco convincente; insomma da minimo sindacale. Un po' come tutti, fanno il loro e niente di più. Lo stesso Strong è poco sfruttato, ha poco spazio nonostante intorno a lui ruoti la seconda parte della storia. 
Per questo dico che in questo film i due italiani possono insegnare qualcosa ai colleghi statunitensi. 

Forse è una pecca della sceneggiatura, che non ha saputo creare la giusta tensione, forse la storia in sé non era questo granché da essere tradotta su pellicola o forse non tutti erano in vena, ma insomma il film non mi ha convinto. 

Pensavo avesse a che fare di più con i baseball ma non è così. 

Ho un debole per i film sportivi, mi piacciono le storie vere in cui lo sport, qualsiasi esso sia, funga da metafora per la vita (il non arrendersi, il fronteggiare le sconfitte e il ritornare a vincere), ma qui lo sport c'entra poco e solo all'inizio. 

Poteva essere un buon film di spionaggio, allora, altro genere che prediligo. Ma niente neppure qui. Tensione prossima allo zero. Peccato. 

Nel complesso mi è sembrato un film più da tv del sabato sera sul secondo canale che da prime time sull'ammiraglia; del cinema manco a parlarne. Non so nemmeno se l'hanno passato e se lo hanno fatto sarà durato 5 minuti. 

Da vedere? No, c'è di meglio, sia che si voglia qualcosa di sportivo sia che si voglia vedere una spy story. 

Tiremm innanz. 



mercoledì 1 aprile 2020

Sulle note di Charleston

Charleston (1977) è uno di quei film in cui Bud Spencer recita senza Terence Hill. 

Direi che non è uno dei migliori. Sicuramente non all'altezza della serie di Piedone, che pure sono 4 film ottimi (secondo me l'intro di Piedone l'Africano, quello della rapina sull'autobus, è da antologia).

Ma quelli di Piedone sono film polizieschi, con venature di comicità, qui siamo nel tema "colpo gobbo", un po' alla Stangata o alla Ocean's eleven. 

Come in Ocean's anche qui c'è una squadra, una trama complessa (che non riuscirei a spoilerare nemmeno se volessi, e comunque non voglio mai), la solita truffa e il colpo di teatro (in tutti i sensi...ah ah...no vabbé è la quarantena che mi fa scrivere più ca..ate del solito).

Dicevo che non è uno dei migliori di Bud. La trama sarebbe anche buona, ma il tono troppo farsesco, troppo spinto su una comicità telefonata. Ci sono il gruppo di comprimari, tra cui figurano anche dei nomi di caratteristi (Coco e Lom su tutti) e la messa in scena è la solita di questi film; il budget è quello che è.

Il charleston inteso come ballo poi non c'entra nulla; il film non è nemmeno ambientato in America negli anni 30, ma a Londra e negli anni '70. 

E' un film come tanti, senza infamia e senza lode. Siamo sul 6 un po tirato. E' comunque meglio di tanti altri e un po' di divertimento lo riserva pure. 

In tempi di quarantena si può pure vedere.