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lunedì 29 novembre 2010

Russel Croe in Robin Hood? No, non ce n'è bisogno.

Ho finalmente visto Robin Hood, quello diretto da Ridley Scoot. Diciamo la verità è un film scadentuccio.
Crowe ci fornisce un'interpretazione pallida. E poi La Blanchet nel ruolo di Marion non è molto credibile. Insomma mi è sembrata un'operazione priva di mordente. Sopratutto, la sceneggiatura è noiosa. E' un film che vorrebbe tracciare una storia dell'origine di Robin Hood fornendo una sorta di prequel di quello che sarà la storia come la conosciamo tutti, ma l'intera operazione non mi sembra sia andata a buon fine.
Questo film non mi ha coinvolto, non mi ha emozionato e la storia mi sembra poco credibile. Non perchè si tratti di leggenda o similia ma perchè ci sono degli elementi che stonano. Uno su tutti il fatto che Robin Hood sembra il paladino di un'ipotetica Magna Charta, un antesignano sostenitore dei diritti civili in un'epoca medioevale barbara e priva di legge. Mi è sembrata una lettura molto forzata del personaggio. Insomma preferisco il più "vecchio" Principe dei ladri con Kevin Costner e Morgan Freeman, che era un bel di avventura in costume con tutti gli elementi al posto giusto.
Russel Crowe invece, lo preferisco con una divisa da capitano della marina inglese (Master and Commander) o con una da Generale dell'esercito romano (Il gladiatore) .

domenica 14 novembre 2010

Vantage point - Prospettive di un delitto

Finalmente sono riuscito a vedere in dvd “Vantage Point – Prospettive di un delitto”, regia di Pete Travis e cast di attori che annovera Sigourney Weaver, William Hurt, Dennis Quaid, Matthew Fox e Forest Whitaker.

Diciamo subito che l’idea del film è buona; descrivere un delitto da più punti di vista, tanti quanti i protagonisti in gioco. Per tre quarti della pellicola la narrazione torna indietro al punto di partenza facendoci vedere un’altra prospettiva a seconda del personaggio protagonista del momento. Mano a mano che si procede, quindi, si recpera un frammento di verità e si completa il mosaico che spiega cosa è realmente accaduto e perché. La trama è abbastanza complessa e anche un po’ inverosimile ma nel complesso il film è godibile.

Non tutti gli attori coinvolti mi hanno fatto un a bella impressione, in alcuni casi la recitazione mi è sembrata un po’ piatta, più da telefilm americano di serie b. Il migliore è Dennis Quaid. Il peggiore è lo stucchevole Whitaker che mi è insopportabile quando recita la parte dell’uomo complessato e mezzo fallito.

lunedì 1 novembre 2010

I racconti dei mari del sud - jack london

Mi ritrovo a casa una collana di libri per ragazzi “I giovani bibliofili” edita dalla Alberto Peruzzo Editore del 1986, e il perché non lo spiegare. Probabilmente acquistata da mio padre attraverso qualche abbonamento ma non ne sono sicuro. I volumi della collana sono in buono stato, ben rilegati con copertina rigida e illustrata, che da leggere sono un vero piacere. Ogni volume ha un’introduzione alla vita dell’autore e una breve presentazione dell’opera di due cartelle circa, in cui si provvede a collocare il testo entro una piccola cornice esplicativa.

I titoli poi sono eccezionali: Sandokan, Le avventure di Tom Sayer, Il barone di Munchausen e via dicendo. Sono tutti dei veri e propri classici per ragazzi e ovviamente dei capolavori.

Uno di questi ha attirato la mia attenzione da un po’ di tempo e finalmente ho avuto l’occasione e il tempo per leggerlo: I racconti dei mari del sud di Jack London. È un gruppo di 8 racconti brevi, di circa una ventina di pagine ciascuno, con protagonisti avventurieri e indigeni abitanti la polinesia, la melanesia e le varie isole di quella zona dell’Oceania.

Devo dire che la lettura è stata davvero gustosa. Innanzitutto i racconti non sono proprio per ragazzi; nella presentazione dell’opera (scritta da un anonimo A.C.A.) si provvede ad una excusatio non petita, in cui ci si giustifica preventivamente dall’aver inserito in una simile collana destinata ad un pubblico di giovani lettori, un testo in cui le tematiche sono brutali, intrise di violenza e asperità di atti e sentimenti. Nella stessa introduzione si avvisa infatti che in questi racconti “non si descrivono fantasiose avventure in isole di sogno”come il titolo lascerebbe credere, e “la morte degli altri sembra essere l’unico scopo” delle vite dei personaggi descritti. Ebbene credo che l’introduzione fornisca un’immagine chiara di ciò che si sta per leggere. Ma proprio per questo il libro mi è piaciuto. Proprio per la crudezza dei particolari e la durezza delle vicende narrate, in cui però, e si badi bene “la descrizione del male e della volgarità non è mai complicità con essi”. In effetti Jack London ci riesce benissimo. Le descrizioni sono perfette e i personaggi sono incredibilmente reali, quasi li avesse conosciuti di persona. Ma soprattutto è la durezza delle loro esistenze ad impressionare, e le descrizioni delle violenze a cui essi sono sottoposti o che volontariamente compiono, non hanno nessuna spettacolarizzazione né suscitano ammirazione alcuna in chi legge. La lettura di questi racconti ti avviluppa e ti conduce veramente in quei posti “da sogno”, rendendo subito chiaro che il sogno si trasformerà in incubo da un momento all’altro. Un incubo fatto ad esempio di tradimenti, teste mozzate ed esposte come trofei, superstizioni tribali, violenza gratuita, una natura inospitale e oltremodo astiosa nei confronti di un’umanità mal sopportata e via dicendo.

Credo che in giro siano reperibili edizioni anche più recenti.

Comunque è una lettura che consiglio caldamente.

venerdì 15 ottobre 2010

Jackie Brown

Jackie Brown

Ho appena finito di vedere Jackie Brown di Tarantino. È la seconda volta che guardo questo film e come spesso mi capita riesco ad apprezzare certi film solo dopo una seconda visione. La prima volta, come molti Tarantiniani, ero imbevuto di Le iene, Pulp Fiction, e Four Rooms e mi aspettavo un’opera che proseguisse senza soluzione di continuità la traccia stilistica del regista. Invece Quentin Tarantino tira fuori questo piccolo gioiellino assumendosi il coraggio di spiazziare anche i suoi fan più accaniti. Ma a lui che gliene frega dei fan? A lui interessa riesumare Pam Grier, e darle un ruolo malinconico e cool, ribaltando così i canoni dell’azione pura e della blaxploitation di cui era stata negli anni settanta protagonista indiscussa. Qua e là dissemina qualche citazione delle sue (alcune scene contengono volutamente le cosiddette “bruciature di sigaretta” delle vecchie pellicole, e in altre gira con la macchina da presa a mano dando un effetto di lieve tremolio) e non si smentisce quindi del tutto. Poi la butta sul romantico, ma mai sul patetico; i suoi personaggi sono tutti troppo vissuti per cedere alle melensaggini dei film commerciali. Questo film aveva deluso molti fan, compreso il sottoscritto. Invece è da rivalutare ed apprezzare.

sabato 9 ottobre 2010

Mattatorio n° 5 o La crociata dei bambini

Ho appena finito di leggere “Mattatoio n° 5” di Kurt Vonnegut. Era da tanto tempo che volevo leggere questo romanzo perché più volte mi sono imbattuto in indizi e rimandi ad esso disseminati in film, fumetti e altre opere di vario genere.

Nella quarta di copertina dell’edizione che ho letto (Feltrinelli), il libro viene presentato come un romanzo di fantascienza, ma anche come “un’autentica pietra miliare della letteratura antimilitarista”. Entrambe le chiavi di lettura sembrano corrette; è un romanzo di fantascienza perché il protagonista “viaggia” nelle dimensioni del tempo e dello spazio per tutto lo svolgimento della storia ed è un romanzo antimilitarista perché sviluppandosi a partire dall’episodio vissuto dallo stesso autore in prima persona in quanto prigioniero di guerra, del bombardamento di Dresda avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale, trae da esso un’amara morale sulla natura e sul destino umano.

Terminata la lettura del romanzo, mi è però venuta in mente anche una terza chiave interpretativa per la quale“Mattatoio n° 5” non sarebbe solamente fantascientifico e antimilitarista ma anche eminentemente “psicologico”.

Credo che sia uno scritto profondamente psicologico, non tanto per l’interesse nella cosiddetta “psicologia dei personaggi”, cioè lo scnadaglio delle loro più intime passioni, desideri o motivazioni, quanto perché mi sembra proprio rappresentare l’intima logica della mente umana quando questa è posta di fronte ad esperienze traumatizzanti.Il procedere della storia non è lineare ma sincopato, con continui rimandi, salti in avanti e ritorni a punti precedenti. La narrazione è perciò frammentata e sembra seguire le leggi informali della logica onirica, pervasa quindi di associazioni tra simboli, più che quelle formali della logica narrativa.

Nel racconto non esiste un tempo zero, o almeno non lo si capisce immediatamente, non c’è quindi per il protagonista un vero e proprio presente. Il protagonista è soggetto a continui salti spaziotemporali in avanti e indietro che stabiliscono di volta in volta un immanente diverso. Metaforicamente è come se egli fosse steso su un lettino e, costretto a ricordare, si rappresentasse vividamente di volta in volta il fluire delle diverse esperienze della sua vita rivivendole nuovamente in prima persona. Procedendo nella lettura del testo, ci si accorge che con ogni salto del protagonista riemerge un nuovo frammento che ricompone un altro momento da questi vissuto. Attraverso il recupero dei frammenti, il protagonista torna indietro, aggirando sempre più efficacemente le barriere che la sua mente ha posto di fronte al recupero del trauma (rappresentato evidentemente dal bombardamento aereo). La stessa trama parallela del rapimento del protagonista ad opera degli extraterrestri di Trafalmadore mi è sembrata la descrizione di uno stato allucinatorio che si alterna al frammentato recupero della memoria delle esperienze passate e rappresenta una fuga difensiva dalla realtà.

Se questa chiave lettura è corretta si può considerare “Mattatoio n° 5” un romanzo di fantascienza, e una lezione antimilitarista, ma anche un’efficace descrizione del modo in cui la mente umana affronta una sindrome da stress post traumatico e del mezzo attraverso cui può liberarsi dalla sofferenza causata dal trauma stesso.

venerdì 20 agosto 2010

il primo post? un libro

Allora.
Ho letto "Alienati" di Massimo Mongai. Avevo già letto un altro romanzo di questo autore (Il gioco degli immortali) ed era stata una piacevole sorpresa: un italiano che scrive della fantascienza come si deve, o quasi. Ma questo Alienati ho faticato a digerirlo. Ero stato messo in guardia da qualche post negativo su Anobi ma alla fine mi sono detto "Ma sì, perchè no, tanto lo prendo in biblioteca".
L'idea di partenza è buona: in un futuro non meglio precisato si svolge una sorta di convegno inter-specie aliene sul tema della pazzia. Ma poi come si evolve il romanzo? Abbiamo dei personaggi male abbozzati, un ritmo che nella prima parte langue mostruosamente e soprattutto delle scelte linguistiche incomprensibilmente provinciali. Mi spiego. Una razza aliena di insettoidi la chiama Ko-che-naellae (coccinelle?), un'altra di alieni sempre interessati ai fatti degli altri Pettegulew (pettegole?) e poi l'anestetico che rifilano a tutti quelli nervosi Gruppuw (grappa?); ma dai! Ma un minimo di fantasia lo potevi impiegare.
Insomma mi è dispiaciuto perchè era una storia con un bel potenziale che mi è sembrato inespresso prima e malamente impiegato poi.
Alla fine il libro lo leggi perchè vuoi sapere come va a finire, ma se devo dire la verità, io la fine manco la ricordo.
F.