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martedì 16 gennaio 2018

Immaturi - la serie

Per colmare il vuoto pneumatico del palinsesto televisivo del venerdì sera, mi sono farro convincere da mia moglie a guardare la prima puntata di "Immaturi", la serie ispirata a (o tratta da?) i due film dal titolo omonimo.

Lo so che esiste un girone infernale apposito per tutti coloro i quali pur avendo la possibilità di dormire, leggere un buon libro o cazzeggiare al pc decidono di sprecare il proprio esiguo tempo libero davanti alla tv spazzatura. Ma con tutti gli anni di Inferno che mi dovrò già fare per lussuria et similia, ho pensato "Be', è lo stesso".

Allora Immaturi. Diciamo subito che non ho visto i film omonimi quindi non posso fare confronti.

La sceneggiatura è passabile, sempre ovviamente che si sospenda il giudizio razionale e si accetti la premessa per cui i protagonisti debbano rifare l'esame di maturità (incubo conune e condiviso da migliaia di ex studenti traumatizzati dalla nostra Scuola). L'ho trovata un po' caotica e frammentata con più intrecci e sottotrame e personaggi abbozzati che immagino srabno sviluppati nelle prossime 7 puntate (dovrebbero essere 8 mi totale mi sembra).

Le due note positive sono una che non mi sono addormentato sul divano e quindi per il principio del divano il prodotto è godibile, e l'altra che la recitazione (anche quella di Luca e Paolo) è superiore al livello parrocchiale. Insomma non siamo ai livelli di Gomorra, ma due battute in croce le sanno dire.

Continuerò a vederla e a sorbirmi anche le restanti 7 puntate? Probabilmente sì, sempre che il sono o la possibilità di giocare all'Xbox, causa televisore libero, non prendano il sopravvento.

Adieu.

giovedì 11 gennaio 2018

Congratulazioni hai appena incontrato la I.C.F (West Ham United)

Dovendo scegliere quale regalo di Natale farmi avevo optato per il libro di Stefano Mannucci "Il Suono del secolo". Nelle settimane che hanno preceduto le vacanze ho ascoltato alla radio, mentre andavo al lavoro, diversi aneddoti sulla storia del rock raccontanti dallo stesso Mannucci e riportati nel libro (in pratica una quotidiana marchetta per far acquistare il volume) ed ero interessato all'argomento (lo sono tutt'ora, non scherziamo!) . 

Poi quando si è trattato di passare al dunque mi è tornato in mente di questo libro di Cass Pennant che mi ero sempre ripromesso di leggere e che non avevo mai letto, così ho cambiato completamente idea e ho scelto "Congratulazioni...".
Non importa, prima o poi, non nel breve credo, mi procurerò anche il libro di Mannucci.

Quando l'ho acquistato ho letto sul volto del commesso della libreria un sorrisetto ammiccante del tipo: "Finalmente abbiamo trovato un pirla a cui sbolognarlo". Credo che  fosse rimasta l'ultima copia presente nel raggio di un migliaio di km. Quel tipo di copia che rimane così a lungo sugli scaffali che alla fine si sedimenta e non è più possibile tirarla via se non strappandone le pagine e la copertina. Probabilmente se avessi aspettato ancora me l'avrebbero tirato dietro, sempre che si ricordassero di averlo sugli scaffali. Ma io invece l'ho comprato a prezzo pieno: 12 euri, edizione Baldini e Castoldi per un totale di 441 pagine (e ora che lo riprendo in mano mi accorgo che la mia edizione è stata stampata a marzo 2017! Minchia! E' pure nuovo! La prima versione Baldini e Castoldi e Dalai editore è del 2004). 

Sono pentito della scelta? No, affatto. Sicuramente però mi aspettavo qualcosa di diverso. Se vi fate un giro sul web scoprirete che questo testo è accreditato come un must per tutti coloro che si interessano di ultras, hooligans e tifosi vari. Indubbiamente la I.C.F. (Inter City Firm - che deriva dal fatto che i suoi membri utilizzassero i treni intercity inglesi, per sfuggire ai controlli della polizia e presentarsi senza preavviso agli avversari) è stata una importante firm  nel panorama hooliganistico inglese (ma esiste 'sto termine? Ah no? Oddio, ho creato un neologismo!) Da qui l'importanza di "Congratulazioni...", in quanto testimonianza di uno dei suoi fondatori.

Ma è proprio questo di cui si tratta: una testimonianza. Sinceramente mi aspettavo una sorta di storia della firm. Cioè ero interessato a conoscere come è nata e come si è imposta la I.C.F. sulle altre bande del tifo organizzato. A questo il libro risponde in parte. La storia, per come la intendo io, traspare dai vari capitoli che seguono più un filo conduttore non necessariamente cronologico quanto quello della rivalità con le firm avversarie. Ecco che allora c'è il capitolo sul Millwall, quello sul Liverpool, quello sul Chelsea e così via. Per buona parte del testo, Pennant lascia la parola ad altri membri da lui incontrati in una sorta di Revival del 2001, in cui gli esponenti più rappresentativi della compagine hanno partecipato ad una trasferta organizzata a Manchester, in occasione di una partita di FA Cup. Da qui, da questo, meeting autocelebrativo e in parte dai racconti degli episodi vissuti insieme dai partecipanti nasce l'idea del libro.

Forse non sarebbe potuto essere diversamente. Non ci sono molte analisi o spiegazioni. Chi cerca risposte, come il sottoscritto, può solo stare a sentire i racconti degli hooligans degli anni settanta - ottanta diventati ormai rispettabili lavoratori e membri di diritto della onesta società. L'idea che pervade tutto il libro è un po' quella che non vuole spiegare ma mostrare. Un po' come se questi ex-hooligans ci dicessero: "Ecco, noi ve la facciamo vedere come era una volta, come era ai nostri tempi. Noi facevamo questo e quest'altro. Cose che voi nemmeno vi potete immaginare". Questo a mio avviso rende un po' monotona la lettura. Sì, ok, vi siete menati con quelli del Chelsea, poi da capo, vi siete menati con quelli del Manchester, poi con altri, e così via. Embè?

Ovviamente un minimo di commento c'è. Ed è la voce di Cass Pennant che ordisce la cornice entro cui dare voce ai suoi ex compagni di battaglie. Nonché fornirci una spiegazione del perché il fenomeno sia andato scemando. Confermandoci inoltre che il fenomeno si può contenere, se non addirittura controllare o reprimere.

Concludo con un concetto forse banale. Di fronte ad operazioni del genere mi vengono sempre i dubbi del borghesuccio ingenuo. In questo caso ingenuamente mi chiedo: quanto di autocelebrativo o di nostalgico c'è in quest'opera? A che pro infatti? Certo, se si vuole conoscere il fenomeno il modo migliore è quello del dare la voce ai diretti interessati e ascoltare. Ma è solo il primo passo. Cosa possiamo / dobbiamo dedurre da tutto ciò. In mancanza di una riflessione sul fenomeno il fenomeno stesso rischia di prendere il sopravvento. Ci sono due frasi romantiche, ma ambigue sulla quarta di copertina della mia edizione. La prima è accreditata come motto dell'I.C.F. e recita così: "Se non hai avuto una gioventù bruciata hai bruciato la gioventù". La seconda invece è dello stesso autore che afferma: "La violenza è il teppismo non furono mai insensati: c'erano dietro una cultura, una moda e una capacità di creare dipendenza". Bisogna fare attenzione. Siamo sempre sul filo del rasoio della spettacolarizzazione della violenza.

Bye Bye,

martedì 9 gennaio 2018

Il bisogno di credere

Eccoci qui al secondo post che avevo in mente: 

IL BISOGNO DI CREDERE di Erich Fromm

Diciamo subito che si tratta di un saccheggio della biblioteca dei miei suoceri. Tutte le volte che li vado a trovare, come un novello Francis Drake che assaliva le navi spagnole, mi avvento sulle loro librerie ricolme di tesori. Con una personale lettera di Corsa sancita dalle parole di mia moglie, la mia regina d'Inghilterra: "Ma sì, prendilo pure." 


Detta pure 'sta minchiata passiamo al testo in questione. 

Avevo già letto poco tempo fa "I cosidetti sani", altro testo interessantissmo sulla condizione dell'uomo moderno e il concetto di sanità mentale così come viene comunemente accettato. 

Poiché qui si tratta di una raccolta di saggi, qui ve n'è uno che addirittura intitolato "la condizione attuale dell'uomo" che ho trovato molto significativo e chiarificatore della situazione odierna dell'uomo occidentale. Il che riprova che il testo è comunque attuale sebbene sia stato scritto un bel po' di anni fa. Il copyright sulla quarta di copertina è del '63.

Il libro è un insieme di saggi distinti e in realtà scollegati tra loro. Si tratta di una raccolta di studi sparsi alcuni anche molto più recenti degli anni sessanta, basti pensare al primo e forse più significativo "Il dogma di Cristo", pubblicato per la prima volta in tedesco addirittura nel 1930. 

La lettura è molto scorrevole. E' tranquillamente fruibile anche dai profani o da chi non ha alcuna infarinatura di psicologia o di psicoanalisi poiché Fromm si preoccupa sempre di spiegare in modo semplice e chiaro i concetti di psicoanalisi che introduce nella sua analisi. Spesso questa travalica la psicologia per sfociare nell'analisi storica, sociologica o anche politica. Il che secondo me rende le cose ancora più interessanti. Un ulteriore aspetto che rende la lettura ancora più chiara è la sua tendenza a riepilogare sempre alla fine di ogni saggio il suo punto di vista. Inizia spesso con la locuzione "riassumendo". Be', devo dire che l'ho apprezzato molto. Così non ho dovuto scervellarmi a seguire il filo del discorso. 


Nel dettaglio ecco l'elenco dei saggi inclusi nella raccolta: 

Il dogma di Cristo
Perché ad un certo punto delle persone della Palestina di 20 secoli fa hanno iniziato a credere che un essere umano fosse Dio? Ecco la domanda la domanda a cui tenta di rispondere questo saggio. Qui si comincia con un'analisi storico - politica e si sfocia ovviamente nella psicoanalisi senza però dimenticare l'analisi dell'evoluzione teologica del dogma che ha assunto nel corso dei primi anni del Cristianesimo diverse accezioni. Il perché di queste trasformazioni è spiegato con un adattamento ad una determinata mutazione delle condizioni sociali. I primi Cristiani erano gli afflitti, le masse del popolino succube dei soprusi. Costoro avevano bisogno della figura di un uomo che diventasse Dio. Il primo Gesù era questo. Un essere umano che assumeva il posto alla destra del Padre (Padrone). L'aggressività dei credenti era rivolta contro il Potere. Poi la religione esce dall'alveo originario e si diffonde per tutto l'impero "contagiando" anche altre classi sociali che non avevano bisogno di rivendicare i soprusi subiti in una vita ultra terrena. Ecco allora che il dogma si trasforma. E' Dio che si è fatto uomo. Non era più necessario rovesciare il padre perché non era più questo il bisogno dei credenti. Essi avevano necessità di un Padre buono che amasse i propri docili figli, purché appunto rimanessero tali e non si ribellassero al Potere. Infine una terza trasformazione: quella da Dio - Padre severo a Padre amorevole, quindi Madre buona. Secondo Fromm il cristianesimo del Medio Evo, spodestato dal protestantesimo che ritorna al Dio Padre, si sarebbe fondato su un atteggiamento infantile e passivo come quello del fanciullo che cerca e accoglie le cure della madre amorevole. Ironicamente, Fromm afferma che se questa mutazione fosse avvenuta in un unico individuo, questa regressione sarebbe stata un chiaro indicatore di malattia mentale, mentre essendosi svolta nel corso dei secoli ed essendo comune a tutti, è stata l'espressione di un adattamento sociale. 

La condizione attuale dell'uomo
Mi ha colpito particolamente. Fromm mette in guardia contro la "reificazione" dell'essere umano. Da individuo, che prova sentimenti veri, l'uomo diventa cosa, oggetto con delle qualità e tali infatti si valutano quando lo si descrive. L'uomo moderno è il suo lavoro, il suo successo, il suo denaro. Il suo valore è dato da queste cose. In caso contrario si tratta di un fallito. Splendido. Non è forse stato detto chiaramente da Tyler Durden?  (be', magari Fromm non dice che siamo la canticchiante e danzante merda del mondo...).

Sesso e carattere
Leggetevelo. La domanda è: esistono differenze tali tra uomo e donna che inciderebbero necessariamente sul loro carattere? No, o meglio non proprio.

La psicoanalisi. Scienza o linea di partito?
Non l'ho letto. Sì, l'ho proprio saltato a piè pari. Va bene, ho letto le prime due pagine e ho pensato. Ma chissenefrega! Si parla di diatribe all'interno del movimento psicoanalitico. Non dico che non lo leggerò mai. Ma in questo frangente dell'argomento non me ne poteva fottere di meno... sono stato chiaro? Ho confessato, apprezzate almeno l'onestà.

Il carattere rivoluzionario
Oh, qui abbiamo qualcosa di succulento. Dunque com'è un carattere rivoluzionario? Sono i rivoluzionari persone comuni o no? In realtà si resta spiazzati dalla spiegazione di Fromm e qui sta il bello. Non è come potrebbe sembrare, perché esistono diversi tipi di rivoluzionari. Ma il vero rivoluzionario allora chi è? Una persona sana, viva e mentalmente integra. Una persona che si è emancipata dai vincoli del sangue e della terra, dal padre e dalla madre, dallo stato, dal partito e dalla religione. Un rivoluzionario è un umanista che abbraccia tutta l'umanità e niente di quanto è umano gli è estraneo. Ama e rispetta la vita, è uno scettico e un uomo di fede. 
Semplice, vero?

La medicina e il problema etico dell'uomo moderno
E' un po' complesso da riassumere in poche righe e diciamolo onestamente, non ne ho nemmeno tanta voglia. Ma comunque si tratta di una riflessione sul concetto di etica e sulla necessità di approcciarsi alla professione medica da un punto di vista meno alienato. Nel senso cioè di essere spersonalizzato sopratutto nei confronti del paziente, che non è considerato come un uomo, ma come un oggetto. 
Si ritorna in un certo qual modo al saggio sulla condizione attuale dell'uomo perché anche qui Fromm mette in guardia contro la oggettivazione dell'uomo che purtroppo in medicina avviene per principio. 

Sui limiti e pericoli della psicologia
Non so esattamente quando sia stato scritto questo saggio, ma mi colpisce l'attualità del problema. Oggi la psicologia è stata sdoganata dalla società moderna. Non è più la disciplina di chi studia i "pazzi", ma tutti possono andare da uno psicologo senza vergognarsene (almeno così mi sembra che sia per la stragrande maggioranza delle persone). Eppure Fromm ci mette in guardia. Che uso se ne fa di questa disciplina? Aiuterà veramente a capire e a liberare l'uomo o contribuirà al processo di alienazione di esso da se stesso?

Il concetto di pace nei profeti
La pace dei profeti è pace tra uomo e uomo e tra uomo e natura. Non è la semplice assenza della lotta, come si sarebbe portati a credere, bensì la realizzazione dell'armonia e di un'unione autentiche. Cioè la fine dell'alienazione. 

Quello dell'alienazione è un concetto che ritorna più volte nel pensieri di Fromm. Laddove si intende appunto quella trasformazione dell'uomo in oggetto, in macchina con delle qualità da analizzare, elencare e quindi valutare. Non c'è niente di più anti- umano di questo. Mi chiedo, cosa avrebbe pensato Fromm di Internet e dei Social Network? Possiamo trarre una lezione dai suoi scritti che ci possa indirizzare anche nel tumultuoso mondo del ventunesimo secolo? Ritengo di sì. Non è forse anche oggi sempre più pressante la disumanizzazione dell'essere umano? Forse che internet non ci distoglie eccessivamente dal nostro essere più intimo e quindi più vero? Non stiamo perdendo noi stessi, dietro lo schermo di un pc? 









domenica 7 gennaio 2018

Grimsby - Attenti a quell'altro

Ho visto questo film qualche settimana fa. Non ricordo esattamente quando ma sicuramente prima di Natale e avrei voluto scriverne un post. Non l'ho fatto per pigrizia; ovvio, come sempre... 

Comunque la mia idea è di scrivere i prossimi tre post su un film (questo Grimsby) e due libri. Ho iniziato a leggere "I versi satanici" di Rushdie e sono arrivato a metà prima di interrompermi, non per la paura di una Fatwa (che andassero pure a farsi fott...) ma per la lettura, questa sì di filato, de "Il bisogno di credere" di Erich Fromm. Ho poi iniziato e sto leggendo pure abbastanza speditamente "Congratulazioni hai appena incontrato la I.C.F." di Cass Pennant, che da tanto volevo leggere ma non mi ero mai deciso. Lo so, lo so, sono tre cose che non c'azzeccano nulla l'una con l'altra. Ma sinceramente non me ne frega nulla. Sì, se un argomento mi appassiona (e di solito si tratta sempre di infatuazioni ultra passeggere) tendo ad approfondire con altre letture e film, ma il più delle volte salto di palo in frasca. 

Partiamo dal film.

Innanzitutto non sono un fan di Sacha Baron Cohen anche se devo riconoscere che nel corso della sua carriera ha saputo trovare una sua nicchia, un filone, se volete in cui appare ancora ineguagliabile. 
Dei suoi film avevo già visto "Ali G" e "Il dittatore" e devo ammettere che entrambi non mi avevano né colpito particolarmente ma nemmeno annoiato. 
Ovviamente si tratta di una comicità poco British nel senso che non le manda a dire. No, è proprio diretto. Si tratta proprio di comicità molto molto ma molto demenziale. E in Grimbby spinge molto sull'acceleratore.  Eppure nonostante qui ci vada molto sul scoregge, culi e merda e via dicendo (ma in senso proprio letterale, non metaforico), il film tiene. C'è ritmo, c'è una parvenza di storia che è una rivisitazione del classico plot in cui un uomo che non ricorda il passato riappare nel suo luogo d'origine e deve riambietarsi, e ci sono anche gli attori che si sono prestati. Primo tra tutti Mark Strong che non t'immagineresti mai partecipare a 'sto genere di film e metterci la faccia, e invece. 

E' un film da consigliare? Solo se avete abbastanza stomaco da sopportare certe "trovate" che mettono a dura prova il buon gusto e lo stomaco (ma anche l'intestino e un po' tutto l'apparato digerente quindi non mangiate nulla durante la visione, è meglio) 
Detto questo, non lo consiglierei nel vero senso della parola ma sicuramente passerete 82 minuti senza annoiarvi. Per cui se siete a digiuno, volete vedere per forza un film e non avete niente sotto mano, va bene.