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lunedì 30 luglio 2018

Jupiter - il destino dell'Universo

Complice l'assenza di moglie e figlie ancora impelagate nelle vacanze estive, ho sottoscritto un mese di abbonamento gratuito ad una tv on demand. Sto cercando di sfruttarla al meglio. Ma il bouquet di film, come dicono loro, ha a mio avviso poche novità. Oppure sono io che ho visto troppi film. Fatto sta che mi sono rivisto nell'ordine: Wanted, Gambit, La talpa (splendido!), il grande Lebowski (come facevo a non rivederlo?). 

L'unico film non ancora visto era finora questo Jupiter (2015) che viene inserito nella collezione fantascienza. Quando ho visto che era dei Wachowski, ho pensato: e che stai aspettando, che finisca il mese gratuito? 

Il film si lascia vedere, perché per tutta la durata il ritmo è costante. La trama è abbastanza capziosa e un po' criptica. E poiché sono irrisolti alcuni aspetti (non muoiono tutti quelli che a mio avviso dovrebbero), non vorrei che qualcuno avesse immaginato già di farne una serie. Per fortuna non mi sembra che siano in programma sequel anche se temo che il progetto sia stato lasciato nel cassetto in attesa di tempi magri. 

Un po' una cosa del genere: 

Produttore 1: Be' sono tempi di vacche magre dobbiamo raschiare il barile, che abbiamo? 
Produttore 2: Mah, ci sarebbe Jupiter. 
Produttore 1: Che cos'è? 
Produttore 2: Ma sì, ricordi? Lo avevamo lasciato in sospeso apposta. E' quello di fantascienza...con la tipa che scopre...
Produttore 1: Ah sì, ora ricordo. Ma mi era sembrata una mezza ciofeca e c'era andata pure di cacca con i profitti. 
Produttore 2: Eh, ma che vuoi, non abbiamo nient'altro per le mani e la pagnotta ce la dobbiamo pure guadagnare. Proviamoci un'altra volta. Magari questa volta ci mettiamo dentro qualche star che attiri i fessi.
Produttore 1: Hai ragione. Vabbé, facciamolo. 

Ecco, ho immaginato una cosa così.

Comunque, molto buoni gli effetti speciali e su questo i Wachowski sono una garanzia; gli un po' meno. La Kunis è al minimo sindacale, così come pure Tatum e un po' tutti gli altri. Unica menzione se la meriterebbe a parte Redmayne per quel tocco di follia che mette nel personaggio, ma per il resto è calma piatta. 

Conclusione: non lo metterei proprio sotto "fantascienza" o meglio creerei un sottogruppo (o un altro gruppo di pari dignità, se volete), che chiamerei "fantascienza per ragazze". Alla fine si tratta di una simil cenerentola spaziale. O un po' una riedizione della vecchia favola, per ragazze appunto, in cui c'è una sfigata che conduce una vita sfigata ma che in realtà è una principessa, così arriva il bel principe (il Channing in questo caso) a redimerla dalla sfiga e a rivelarle la strada per il regno. Poi magari ce l'accompagna pure su un cavallo bianco, così le ragazzine sono più contente. Non so perché i Wachowski l'abbiano messa giù così questa volta. Spero che non si siano identificati troppo con una certa narrativa di genere che secondo me guasterebbe alla loro produzione futura. 
C'è anche da dire che un film del genere potrebbe essere ricondotto al filone delle eroine alla Divergent e Hunger Games. E guarda caso ne hanno fatti dei sequel. Non so se l'intenzione fosse quella di specularci, ma il dubbio resta. 

Alla prossima. 

sabato 28 luglio 2018

Paura di una scrittrice?

L'unica cosa interessante che mi è capitata al lavoro ieri mattina è stato l'incontro con una scrittrice-sceneggiatrice di fumetti abbastanza nota nell'ambiente. Non intendo fare nomi, non è questo il punto. Scrive sceneggiature per un fumetto importante e ha scritto anche qualche romanzo (tre o quattro finora, mi sembra), e per qualche motivo a me sconosciuto e abbastanza incomprensibile vive insieme al marito e alle figlie nel paesello in cui lavoro. Sarà, ognuno si sceglie la propria croce...

Ieri mattina lei è entrata nel mio ufficio per un'informazione generica al che le ho risposto con la consueta professionalità e cortesia che mi contraddistinguono. Dopodiché, avendola riconosciuta le ho timidamente chiesto conferma della propria identità e altrettanto timidamente le ho infine chiesto se potevo stringerle la mano e congratularmi con lei in qualità di lettore di fumetti.

Lei è stata molto gentile, mi ha ringraziato e mi ha salutato. Era evidente che avesse fretta di chiudere ed è anche comprensibile, tanto è vero che non mi sono permesso di trattenerla in alcun modo. 

Qual è allora il punto? Il mio atteggiamento timoroso e impacciato di fronte ad una persona nota. 
Magari non una star con la S maiuscola, ma certo una persona nota, almeno nell'ambiente. Non è questo l'importante. Il punto è il mio atteggiamento. Come si può definire? Timidezza, paura, mancanza di autostima. Non è certo piaggeria o genuflessione nei confronti dei "potenti" (ma di che potere poi?). E' più qualcosa che ha a che fare con la viltà, qualcosa di sciocco, comunque. 

Mi è già capitato di incontrare qualche altro "personaggio", della musica, della tv o dello sport e spesso avuto un po' di timore. Più di una volta mi sono ben guardato dal presentarmi e chiedere autografi (come si faceva una volta) o selfie (come si fa ora). Il che può anche andare bene, perché spesso questi incontri fortuiti sono avvenuti in contesti normali e quotidiani, quando magari il vip in questione non aveva la minima voglia di essere importunato dal classico sconosciuto. Però mi rimane un senso di inadeguatezza che è piacevole.

Detto questo qual è la morale di questo episodio? Cosa ci insegna, a parte che sono un coglione? 
Boh.

Ciauz💩

giovedì 26 luglio 2018

X-men le origini - Wolverine (Usa, 2009)

Ieri sera, complice il fatto che le donne di casa sono ancora in ferie, ho rivisto fino ad oltre i titoli di coda questo X-men le origini - Wolverine.

Come si chiama la sequenza post titoli di coda? Ha un nome tecnico o qualcosa di simile? La possiamo chiamare semplicemente la post titoli ?

Mi viene in mente un pistolotto sul potere di darei nomi alle cose, la stessa cosa che fa Adamo nella genesi, per cui le cose iniziano ad esistere per noi umani in quel momento. Anche dare un nome fa parte dell'atto creativo, e Dio assegna ad Adamo questo compito, coinvolgendolo così nell'atto creativo...oh, sveglia! No, ma dico, io sto parlando di cose serie e vi addormentate.
Allora chiudiamo il post su Wolverine.

Attenzione spoiler
Dunque, nella post titoli Adam...cioè Wolverine, si trova in un bar e risponde alle domande di un'avvenente bartender nipponica. Ebbene, perché questa ragazza è giapponese? Dove si trova Wolverine? In Giappone, si presume. Che è proprio dove è ambientato il sequel Wolverine l'immortale.


Allora nella post titoli c'è l'aggancio al sequel.

E io l'ho capito solo ieri sera.

The End

mercoledì 25 luglio 2018

Il Suono del Secolo di S.Mannucci (ed. Mursia)

Finalmente l'ho letto.

Me l'ha regalato MCA per il compleanno e l'ho letto in breve tempo.


Non è un storia del rock, che in sé sarebbe pure pedante, né una spiegazione, che sarebbe assurda (il rock non si spiega!). È un racconto sul / del rock dagli albori ai giorni nostri.
È un racconto nel senso ampio del termine e penso che con questo approccio vada letto.

Mannucci ha uno stile circolare: inizia da un episodio minimo, o minore, spesso una o due frasi pronunciate da qualche rocker per dare il la ad una narrazione che si allarga in riferimenti e trame anche distanti per poi ritornare alla partenza e chiudere.
I capitoli che si susseguono sono legati più dall'assonnaza degli argomenti che dalla cronologia degli eventi.
Si racconta di episodi realmente accaduti, di numerosi aneddoti e di credenze e miti sfatati.

È un testo necessario per due ragioni: per trasmettere qualcosa ai giovani millenials che si sono persi la stagione originaria del rock, quella del vinile e dei concerti senza telefonino (e mi chiedo che cosa ne capiranno, ammorbati come sono dallo streaaming di cagate commerciali/pop, sia chiaro non ho nulla contro il pop, è solo che quello di adesso mi sembra artificiale e incapace di veicolare emozioni) e per ricordare ai più vecchietti, diciamo dagli anta in su, che hanno fatto in tempo a sentire Cobain, i Soundgarden e il nu-metal, ma senza sdilinquimenti nostalgici che cos è stato il rock and roll.
Ecco un'altra cosa che si apprezza è l'assenza della triste nostalgia del "Quella sì che era una bell musica" . No, Mannucci è corretto e da onesto appassionato di musica non ha pregiudizi nei confronti di nessun genere musicale.

Che dire? Consigliatissimo.

Rock 'n roll fratello!

Il prete bello - Goffredo Parise

C'è ancora qualcuno che nel 2018 legge "Il prete bello" di Parise? Mi auguro di sì.

Si tratta di una piccola perla che l'oblio per una certa letteratura del primo novecento rischia di far affogare nel dimenticatoio.

Non siamo catastrofici su'? Eppure sono convinto che certi romanzi, soprattutto per le nuove generazioni, che passano il loro tempo a cazzeggiare sui cellulari, siano sconosciuti e tali resteranno.

Vabbe', la smetto di tirarmela, nemmeno io ho letto granché e allora non ho il diritto di criticare. Chi è che diceva "Chi è senza peccato scagli la prima pietra" ? Uhm, sì coso, aspetta... ce l'ho sulla punta della lingua...

È un romanzo scorrevole, Parise ha, come Piero Chiara, uno stile lieve ma con cui potrebbe scrivere qualunque cosa, e che io, da scrittore della domenica, e tra un po' nemmeno quella, gli invidio terribilmente.

Non c'è una vera trama, ruota tutto intorno alle vicende e ai turbamenti prodotti dalla figura di Don Gastone Caoduro, prete di bell'aspetto e dotato pure di una certa ambizione, che produce nelle abitanti di un caseggiato vicentino poco prima della seconda guerra mondiale.
Ma poi sono tutti episodi o sottostorie che si incastrano perfettamente. C'è un climax che ha per protagonista Cena l'amico della voce narrante Sergio, e che a mio avviso, insieme al Ragioniere, uno dei personaggi più divertenti del romanzo.

Quindi è un romanzo moderno, per stile, trama e contenuti. Siamo dalle parti di Uccelli di Rovo, per intenderci. Ok, ma pure i preti sono uomini o no? E non so la chiesa come l'abbia presa all'epoca, ma immagino non benissimo. 

Quanti altri romanzi sono leggeri nello stile e pesanti nei contenuti allo stesso tempo?

E perché leggere nuovi romanzi scadenti se ci lasciamo alle spalle quelli buoni senza nemmeno averli letti?

E soprattutto: ma la smettiamo di farci le seghe mentali su quali siano i buoni romanzi e quali no e non leggiamo e basta?

Ciao ciao.

martedì 24 luglio 2018

Deadpool 1 e 2

Approfittando del fatto che moglie e figlie sono al mare e di una programmazione della multisala warner che proietta Deadpool 2 per una settimana in seconda serata al modico prezzo di 3 euri et 90 centesimi, ieri sera sono andato al cinema.

Avevo visto il primo Deadpool e mi era piaciuto ora il secondo che speravo di vedere in proiezione estiva a basso prezzo (Braccio corto, Napval? No, caro, solo oculatezza).

Ma siccome l'orario di proiezione delle 22.30 mi spaventava, ci ho pensato su tutto il giorno, lambiccandomi il cervello sull'opportunità o meno di stare fuori fino a tardi, finché verso le diciotto una provvidenziale collega, a cui ho confidato i miei dubbi, non mi ha fatto notare quanto sia vecchio a fare certi ragionamenti.

Grazie cara, e sì ci avevo pensato anch'io più o meno verso le tre del pomeriggio.

Allora cacchio, ho pensato, ci vado e se domani avrò mal di testa chissenefrega prenderò un moment.

Poi al cinema sono arrivato per primo e per dei buoni dieci minuti ho temuto di essere l'unico ad assistere alla proiezione (la mandano lo stesso? Ma sì, cavolo, ho pagato...), finché dapprima una coppia e poi alla chetichella un gruppetto di nottambuli in ordine spazio non ha deciso di farmi compagnia. Bene.

E dopo questa pallosissima premessa arriviamo al film.

Li metto insieme perché al di là della trama il senso di Deadpool è solo uno far fare quattro risate. Se poi sono grevi è meglio.

Ci ho pensato mentre tornavo a casa, cercando di restare sveglio e di non prendere qualche platano sul ciglio della strada, in effetti il piacere di guardare Deadpool sta tutto nelle battute, nei dialoghi e negli sketch.

Perché per il resto, ok le azioni e i combattimenti, che lo sappiamo sono sempre quelli, per quel che mi riguarda non mi colpiscono più di tanto; la trama poi è abbastanza lineare nel primo dove c'è la novità e si potrebbe anche chiudere qui mentre nel secondo è un po' più complessa e comunque non potrebbe stare da solo per i troppi rimandi al primo film; insomma si poggia quasi tutto sulle chiacchiere di Deadpool quindi o in un eventuale terzo film tirano fuori qualcosa di più dalla trama oppure è meglio finirla qui.

Lo sappiamo che ormai i film di supereroi sono sempre quelli: c'è un cattivone, un buono un po' ritroso ad impegnarsi perché cia' i cazzi suoi, qualche spalla sfigata a cui è demandata la parte divertente, una bella gnocca che dice qualche frase ammiccante, un mega scontro con i soliti effetti speciali, il buono sta per morire ma alla fine ce la fa; vissero tutti felici e contenti; titoli di coda e scenetta post titoli.

Sì, adesso c'è la variante: qualcuno dei buoni muore, la spalla o la gnocca, dipende da quanto gli sceneggiatori vogliono osare. Capirai che sollazzo.

Vabbe. A chi è piaciuto il primo film piacerà anche il secondo. Buona visione.

Per finire: ho preso i pop corn e una coca. Una ladrata.
Stanotte poi mi sono svegliato  alle quattro con la paura di morire e un forte reflusso.
Stamattina niente mal si testa, evvai, ma non so perché, e so che non c'entra niente, è da qualche ora che ho in testa Eleanor Rigby dei Beatles.

Boh?

domenica 22 luglio 2018

I love Radio Rock

Forse dovrei iniziare scrivendo qualcosa sul fatto che non posto niente da un bel po' di tempo, ma non me ne frega nulla quindi...

Ieri ho finalmente visto I love Radio Rock (2009) di R. Curtis, che finora avevo solo visto a spizzichi e bocconi e mai fino alla fine.

Bisognerebbe tirare fuori il compianto Labranca che scriveva, se non sbaglio su Chaltron Heston, in commento di Questo piccolo grande amore di Baglioni, un elogio nostalgico e quanto mai veritiero sul fatto che lui, come molti altri, e come me del resto, avesse rimpianto di non aver vissuto i microeventi narrati nella canzone.

E questa è proprio l'emozione che suscita il film. Non è la Swinging London di cui si parla, ma di fatti ambientati durante quel periodo, in cui all'esplosione del rock seguiva il proliferarsi delle radio pirata che in barba alla barbosa BBC trasmettevano senza freni né ritegno la musica che i giovani dell'epoca volevano davvero ascoltare. Stiamo parlando di fatti reali seppur qui romanzati e resi in commedia musicale.

Eppure non è questo il motivo per cui il film piace e suscita quel rimpianto per ciò che non si ha vissuto.

Sono gli amici. I bagordi. Lo stare in mezzo al mare in una nave anarchica con una combriccola anarcoide ma sotto l'egida di un pater onestamente sopra le righe. Il rock, quello buono certo. Sono le ragazze che arrivano una volta ogni due settimane e quindi giù sesso o se non si è esperti e navigati (appunto!), giù con le prime esperienze e perché no figuracce.

E' tutto questo ed è anche fare finalmente ciò che veramente piace e ciò in cui si crede e sentirsi ancora vivi quando le luci si spengono.

E' un film leggero. Ma è un film che consiglio e che rivedrei con piacere se non altro per provare un po' di quell'emozione del rimpianto di non aver vissuto quei momenti e risognare ad occhi aperti di essere parte dell'equipaggio di quella folle barca.

Se ya later...