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martedì 26 dicembre 2017

The lobster o L'aragosta

Lo so che non è molto in linea con lo spirito natalizio ma avrei voluto scrivere questo post almeno due settimane fa quando ho visto il film. Poi per pigrizia e per la solita incuria che riservo a questo blog, tanto deprecata e giustamente da L., ho lasciato perdere.
The lobster è un film derubricato sotto il genere fantascienza anche se a me sembra più un film grottesco e metaforico, laddove la metafora è insita nella premessa e trait d'union del film. In un Inghilterra distopica, ma dei giorni nostri, esiste una legge che impone a tutti di sposarsi, non importa se con persone del proprio o dell'altro sesso, pena l'essere trasformati in animali dopo un periodo di detenzione variabile in una struttura alberghiera pensata per facilitare gli incontri e la nascita delle relazioni. Chi non accetta questo stato di cose è costretto a vivere da reietto nei boschi in comunità di solitari, anche se in qualche modo solidal tra loro, e rischiare di morire ucciso dai cacciatori che sono gli stessi ospiti degli alberghi a cui è richiesto di cacciare per prolungare la propria permanenza nell'albergo e avere quindi più tempo a disposizione per trovare l'anima gemella. 
Bisogna ammettere che l'idea di fondo colpisce così come la messa in scena. The lobster è un film crudo. È cruda la fotografia, pallida ed essenziale, è cruda la storia, e lo sono i personaggi e i dialoghi, con poche sfumature emotive al limite del brutale. È cruda anche la rappresentazione della violenza e del sesso che non ha niente di romantico.
Colin Farell che non è tra i miei attori preferiti perché, saranno pure i personaggi che interpreta ma mi sembra sempe uno che lotta con i denti e le unghie per sopravvivere, è perfetto nel ruolo dello spaesato che trova un modo per uscirne nonostante tutto. Ma tutti gli attori sono nel ruolo e pure la regia, essenziale, fa il suo dovere. 
Nel complesso è un film che non lascia indifferenti ma mi ripeto, crudo. Il che provoca una sensazione di malessere che permane per tutta la visione del film e anche oltre.

venerdì 8 dicembre 2017

Campioni di guai


I fan italiani di fantascienza conoscono sicuramente Scott Bakula per i telefilm "In viaggio nel tempo - Quantum Leap" e "Star Trek Enterprise". Ma Bakula ha recitato anche sul grande schermo e in ben altre produzioni forse anche poco conosciute. 

Eccone un esempio: "Campioni di guai" il cui titolo originale è "Necessary Roughness" che mi pare suoni un po' come "rudezza necessaria" o qualcosa del genere. E' un film del '91 e scommetto che pochi se ne ricordano. Da parte mia l'avevo visto da ragazzo e finalmente pochi giorni fa ho avuto la possibilità di rivederlo.

Sono convinto che i film "sportivi" siano suddivisibili in tre sottocategorie distinte e distinguibili:
- i Biografici o Biopic, cioè quelli che raccontano di qualche personaggio / storia reale. Si tratta generalmente di drammi in cui il protagonista di solito trova nello sport il riscatto per una situazione di partenza svantaggiata, la povertà, una malattia, o qualsiasi altra sfiga (ad esempio: Imbattibile basato sulla storia di Vince Papale);
- i drammatici ma non reali. Sono come i precedenti con l'unica differenza che la storia non è vera, ma a volte ispirata a fatti reali. C'è sempre un protagonista che affronta delle avversità e solitamente nello sport realizza la propria esistenza, a fronte di sfighe, sventure, incidenti e quant'altro (esempio: ogni maledetta domenica di Oliver Stone);
- infine le commedie/comici. Sono spesso film demenziali, con personaggi fortemente caratterizzati e spesso macchiettistici. Abbiamo di solito un protagonista, il vincente, attorniato da una serie di personaggi improbabili. Solitamente le storie presentano elementi irreali come, animali che sono giocatori attivi di squadre di calcio, bambini così bravi che giocano in nazionale (giuro: vedasi Fimpen il goleador), donne che entrano nelle squadre maschili e così via. Spesso la caratteristica di questi film è mantenere il livello comico per tutto il tempo e poi chiudere riscattando il senso con il messaggio finale  che è spesso un non mollare, non cedere ai compromessi, e così via (e qui di esempi ce ne sono anche in Italia, con L'allenatore nel pallone e Mezzo destro mezzo sinistro).

Ecco, Campioni di Guai rientra nel terzo gruppo di film. Si tratta infatti della classica commedia sportiva americana, ambientata in questo caso nel mondo del football universitario.

La storia è molto semplice, e senza spoilerare nulla (perché non c'è proprio niente da spoilerare) è all'incirca questa: in un college del Texas, in cui il football è lo sport per eccellenza tra tutte le discipline, la locale squadra viene azzerata da uno scandalo di corruzione e violazione delle rigide regole sul divieto di elargire compensi agli studenti - giocatori. A questo punto, per portare avanti il "programma" di football dell'università, tanto caro ai finanziatori, viene ingaggiato un vecchio allenatore fiero e integerrimo che avrà il compito di formare le poco ortodosse nuove leve). A fare da ciliegina sulla torta il vecchio Bakula, che vecchio in tutti i sensi (intepreta un uomo dalla veneranda età di 34 anni...) viene richiamato sul campo di football, abbandonato anzitempo per problemi familiari, dove potrà riscattare il tempo perduto. Il resto della storia sono tutti riempitivi. Il senso è tutto qui. 

Ma a differenza di altri film del genere (uno su tutti "Le riserve" di Howard Deutch) il film non funziona a dovere perché quello che manca è proprio il messaggio finale; la catarsi che deve trasformare il film da giochetto a testimone di un messaggio un po' più serio. Qual è infatti il senso del ritorno di Bakula sul campo di football? Non si capisce, o meglio dovrebbe essere proprio quello del tempo perduto e della seconda possibilità concessa ad un uomo sconfitto dagli eventi della vita (che è lo stesso tema di "Le riserve" ma anche del bellissimo "Tempi Migliori" del 1986 con Kurt Russell e Robin Williams). Qui non succede, perché questo tema, che è sì presente nel film, non viene abbastanza sviscerato nella trama, insomma passa in secondo piano. Alla fin fine quindi il film si riduce ad essere una commediola senza pretese che avrebbe potuto anche significare qualcosa in più, ed è un peccato, perché sarebbe bastato davvero poco.

venerdì 24 novembre 2017

Abbasso il black friday!!!

A parte il fatto che non sopporto i termini inglesi e non sopporto l'abitudine provinciale e da cittadini delle colonie di usare parole inglesi per definire qualsiasi cavolata (quasi che ci sia una corrispondenza tra l'essere fighi e l'uso dell'inglese, e se c'è è solo nella mente bacata di chi lo pensa), ebbene dichiaro ufficialmente che :

ODIO IL BLACK FRIDAY

E il motivo di quest'odio è semplice ed è tutto nel dialogo tra Edward Norton e Brad Pitt nel film Fight Club

E Risparmiate un po'.

venerdì 10 novembre 2017

Focus - niente è come sembra - PURTROPPO...


Ho provato 5 volte a vedere questo film e finalmente ci sono riuscito.
In pratica tutte e cinque le volte mi sono addormentato nello stesso punto.

Non c'è niente da fare, la maledizione del divano è più forte di qualsiasi potere cinematografico.:

SE UN FILM NON FUNZIONA MI ADDORMENTERO'

Detto questo è significativo che mi sia addormentato sempre a metà del terzo atto (in pratica a 3/4 del film). Il perché è evidente: è la parte del film che funziona meno. 

Credo che l'intenzione degli autori Ficarra e Jequa fosse quella di creare una storia in cui lo spettatore fosse costantemente sviato e indotto a credere ad un qualcosa che in realtà si rivela essere qualcosa d'altro. In teoria quindi un continuo colpo di scena che avrebbe dovuto tenere viva l'attenzione e stimolare l'interesse dello spettatore. In pratica però non funziona.

Sinceramente il film si lascia anche vedere, sopratutto nella prima parte in cui ci sono le sequenze più divertenti: per strada a New Orleans in cui la sensuale Margot Robbie apprende le tecniche dei borseggiatori e allo stadio durante la finale del Super Bowl. 
Poi avviene la cesura. Il film prende un'altra strada e inizia secondo me la parte debole, quella più soporifera. E la conclusione non migliora. L'ennesimo colpo di scena è infatti reso così blando dalla pochezza recitativa che alla fine non scatena più l'effetto sorpresa che avrebbe dovuto procurare. 

A fronte di una sceneggiatura che pur avendo le migliori intenzioni si dimostra lacunosa e di una regia normale e senza sbavature, la recitazione non salva di certo il film, anzi tende ad affossarlo. 
Will Smith è ai minimi termini, della serie minimo sindacale; Margot Robbie non si capisce perché reciti; i comprimari sono a volte insulsi a volte delle macchiette. Insomma, bisognerebbe dire: non pervenuti. Tutti. 

Infine un'ulteriore nota negativa. Come spesso accade il trailer rende il film molto più intrigante di quello che è in realtà. Anche per questo lo volevo vedere. 
Non c'è che dire, sono stato ingannato. 

The End

domenica 5 novembre 2017

Dune il film

Avevo scritto che volevo vedere il film tratto dal romanzo di Herbert. Presto scritto presto fatto.
Nel 1985 viene realizzato questo film prodotto da Dino De Laurentiis per la regia e sceneggiatura di David Lynch.
Secondo quanto riportato da Wikipedia Dune era ritenuto un romanzo impossibile da essere trasferito sullo schermo sia per la necessità di effetti speciali complessi e quindi costosi, sia per la complessità della trama e della scrittura di Herbert. Nel mio precedente post non ho approfondito questo aspetto, ma sostanzialmente sono d'accordo. Herbert opera una scelta narrativa che prevede un'alternarsi di azione propriamente detta (quindi il susseguirsi di eventi e azioni, ma anche descrizioni di luoghi e personaggi) e di introspezione psicologica resa manifesta dalle riflessioni/meditazioni dei protagonisti, anche all'interno dei dialoghi e a commento di questi. Il suo tentativo, riuscito non c'è ombra di dubbio, è quello di creare sia un mondo esteriore, l'arido ed apparentemente inospitale pianeta Arrakis, sia un mondo interiore, fatto di riflessioni, paure, idiosincrasie, ecc.
Ovvio che tradurre sullo schermo questa particolarità narrativa fosse considerato, come dice Wikipedia, "impossibile".
E qui interviene Lynch che per farlo doveva giocoforza occuparsene in toto, cioè iniziando dalle radici, cioè dalla sceneggiatura di cui infatti è autore (ovvio che il soggetto ce l'aveva già: il libro).

A questo punto vorrei aprire qui una parentesi che ritengo funzionale alla spiegazione di questo film.

giovedì 2 novembre 2017

Il concorso

Sarà questo testo la mia bibbia per le prossime tre settimane?
Tutto sommato mi sento di consigliarlo. È un testo esaustivo e chiaro (nella maggior parte dei capitoli: quello sul bilancio fatico a comprenderlo, ma sarà per colpa mia che non ci arrivo...) e soprattutto la suddivisione dei capitoli è ottima perché molto razionale, così da rendere agevole sia lo studio che il ripasso.
L'unico problema è l'argomento trattato.
'Na palla...

martedì 31 ottobre 2017

Dune

Ho finalmente finito di leggere "Dune" di Frank Herbert. Dico finalmente per due motivi: primo perché era da tanto che volevo leggere questo classico della fantascienza, secondo perché una volta iniziato quest'estate, me lo sono trascinato per troppo tempo. Non che sia noioso, anzi, è che i miei elefantiaci tempi di lettura mi impediscono di leggere un romanzo in tempi brevi. Questo poi viaggia sulle. 600 e passa pagine, per cui non e stato uno scherzo.
Che dire? Da leggere, ovvio.
Dune è un'opera seminale per tutto l'universo fantastico/fantascientifico ed infatti si sprecano i nomi di coloro che affermano di essere stati influenzati dalla lettura di quest'opera. Tralasciando i dettagli della trama si può dire che in Dune ci sono molti dei temi tipici del romanzo epico. Che potremmo elencare:
-ALLERTA SPOILER-
Il giovane dai nobili natali che viene  detronizzato e dovrà vagare per anni in un ambiente ostile fino a ritrovare se stesso in una nuova consapevolezza; l'uccisione del padre che scatena la ricerca della vendetta a tuttti i costi che diverrà il culmine del viaggio; la protezione divina in questo caso della madre che accompagna l'eroe - e a propositoi viene in mente il peregrinare di Enea sotto l'egida di Venere- ; l'amore per una donna contrastato dalla tribù ma ricambiato da lei; il duello finale; lotte, battaglie, intrighi, tradimenti, lealtà.
Herbert ha avuto inoltre il pregio di aver creato un mondo tout court e una forte mitologia che lo definisce e lo completa.
Non a caso vinse il premo Hugo e il Nebula e fu consacrato nell'olimpo della fantascienza.
Nel 1984 ne fu tratto un film con un cast stellare e la regia di David Lynch. Il film fu di forte impatto visivo per l'epoca grazie anche agli effetti speciali di Carlo Rambaldi ( per i pochi sulla Terra che non lo sappessero, l'inventore di ET), tanto che divenne un cult.
Rimando ad nuovo post per un comento del film.
See ya.

mercoledì 2 agosto 2017

È da un po' che non leggo fumetti...e intanto arriva il Dampyr

Stavo leggendo un mio post del 2012 ( se non lo leggo io 'sto blog, chi lo legge? A parte il mitico L. ovviamente...) e all'epoca leggevo ancora i fumetti. Nathan Never per la precisione. Credo che l'ultima lettura continuativa sia stata la saga della guerra dei mondi. Poi ho comprato qualche numero che non ho nemmeno letto. Stessa cosa per i Dylan Dog. Ho letto i primissimi numeri del nuovo corso, perché si trattava di un cambiamento epocale per un fumetto che un tempo ho amato, e non mi sembrava giusto perdermeli. Ma poi basta. È che anche i fumetti mi hanno stancato. Tanto è che l'ultimo acquisto, due speciali di Deadpool, che figuriamoci, li ho acquistati  questo inverno nella fumetteria vicino casa, ora trasferitasi in un altro quartiere della città, solo sull'onda emotiva indotta dalla visione del film. E non li ho ancora letti!
Allora sarà la neghittosa aria vacanziera, sarà la provvidenziale segnalazione di mio cugino E., sarà che è il primo esempio di vero cross-over in salsa bonelliana sulla serie regolare (ricordo un precedente Dylan-Martin Mistere, ma credo fosse uno speciale), insomma sarà tutto questo, alla fine ho acquistato l'albo "Arriva il Dampyr".
Considerazioni: a dispetto del mio testardo misoneismo che mi rende nostalgico del vecchio corso, devo dire che la storia c'è. La sceneggiatura è buona e convincente. Poi come difetti possiamo anche parlare dei disegni ( mi dispiace, ma non li ho apprezzati totalmente) e del fatto che Dylan, dal confronto con il Dampyr, ne esca fuori un po' come un povero sfigato, (insomma non puoi affrontarlo dicendo che non ti sparera' perché è della squadra dei "buoni", perché è ridicolo e buonista. E non hanno ancora capito che è stato l'eccesso di buonismo ad allontanare i lettori dalla serie), più di quello che sarebbe la tradizione, ma alla fine il risultato funziona. Ora la speranza è più che ovvia e cioè che non mandino tutto in vacca con il prossimo numero che chiuderà la storia. Speriamo. Intanto nell'attesa, poiché abbiamo fatto trenta facciamo pure trentuno e leggiamo un vecchio romanzo di Sclavi, che da un po' dovevo assolutamente leggere: Dellamorte Dellamore. Chi si ricorda del film? Rupert Everett vs. Anna Falchi. Trucco e parrucco pure di un certo livello, che se non sbaglio aveva pure ricevuto un premio importante. Cmq un filmetto che vorrei rivedere anche se all'epoca non mi aveva colpito particolarmente. Intanto, via con il romanzo che mi piace pure di più se non altro per il solo Dellamorte, ben più figlio di 'ntrocchia e anche qualcosa di più del suo corrispettivo cinematografico.
Adieu.

martedì 25 luglio 2017

Sconforto

Volevo scrivere in post incazzato e mi ritrovo a scriverne uno in preda allo sconforto. L'argomento che aveva suscitato la mia indignazione era la notizia della buonuscita di 30 mln di euro (80% in azioni e 20% in contanti) che guadagnerebbe l'ex ad di tim dopo solo 1 anno di lavoro (!). Il fatto è che nessuno ha detto nulla, fatta eccezione per un articolo di Cazzullo sul Corriere pubblicato due gg dopo la diffusione della notizia.
Questa è stata l'unica timida contestazione.
Ma proprio nessuno dice nulla? Certo, capisco che esistono altri campi, quali il calcio e lo spettacolo, dove sono elargiti stipendi ultra generosi per nulla, ma mi sarei aspettato un minimo di reazione. Invece no. Come a dire: Non ce ne frega nulla, tanto è uguale. Ed è continuando la lettura dell'articolo di Cazzullo che alla rabbia è subentrato lo sconforto. Perché forse il punto non è l'entità della buonuscita in sé. Ma il contesto in cui si colloca. Disoccupazione diffusa, emigrazione dei giovani, calo demografico e penetrazione nel nostro sistema economico di aziende straniere ( è stata un'azienda francese a scalare tim, e quindi a sostituire l'ad). E chi pensa a tutto questo? Nessuno. E il governo? No, non ha i mezzi, è troppo debole e il prossimo se si riuscirà a farlo, sarà ancora più debole, almeno secondo i sondaggi che prevedono una spaccatura dell'elettorato in tre parti uguali: sx, dx e 5stelle. Ma che volete infatti che esca fuori da una situazione del genere? Un governo che risolve i problemi? Già sarà tanto se lo riescono a fare.
Così oggi leggo di quell'esponente del pd che ha lanciato un allarme contro la sparizione della "razza" italiana causata dal calo demografico e dalla mancanza si politiche per la tutela delle mamme. Allora cosa succede? Che viene attaccata perché ha usato la parola "razza". Lo riconosco è un termine infelice (e come sempre quelli del pd non sanno comunicare pur avendo buone intenzioni). Ma porca miseria, il problema c'è. C'è un problema di natalità in questo paese. E questo problema è la diretta conseguenza di altri due problemi: la mancanza di sostegno alle famiglie e alla maternità. E invece di parlarne si lanciano strali indignati contro le parole e le persone e non si affrontano i problemi veri. Bravi, bravi. Così non si va da nessuna parte.

lunedì 24 luglio 2017

La legge della notte...ma anche no.

Recensione napvalica.
Allora. Il film si lascia vedere, nel senso che non mi sono annoiato tranne nel punto in cui credo di essermi addormentato per qualche minuto, ma perché ad una certa ora sul divano crollo. Quindi non so se mi sono perso qualcosa della trama, è che comunque il film ha la pecca di essere un po' piatto. Senza spoilerare la trama, lo spunto di partenza è questo: un tipo normale partecipa alla prima guerra mondiale dove viene a contatto con la morte e ne resta schifato. Deduce di non voler più prendere ordini da nessuno, per questo decide di fare il criminale (!). Dunque, Affleck è lo sceneggiatore, è il regista ed è pure l'attore protagonista. E qui sta il problema. Afflecckone, ma che ci combini?
Andiamo con ordine:
Il titolo non c'azzecca nulla. Né quello italiano ("la legge della notte", ma quale legge è? Boh?), né quello originale ("live by night". Ancora con 'sta notte, ma se si svolge per lo più di giorno. Boh? Ah, ma può esse 'na metafora. Nun l'ho capita. Boh?).
La sceneggiatura dà l'impressione che si avessero un sacco di idee ma che non si sapesse quali scegliere né dove andare a parare. Inizia con una voce fuori campo e un flashback e dici ok allora è tutto così. Poi la voce sparisce e quando si chiude il flashback il film va ancora tanto avanti. Mah. Poi ci sono almeno 4 finali senza contare che il protagonista non muore mai, riesce in tutto e sconfigge tutti i cattivi. A questo punto non mi sarei stupito se avessero detto che ce l'aveva  pure enorme, perché così tutto quadrava.
Poi la recitazione. Ok in ogni fotogramma c'è Affleck e se il film lo vedevo al cinema probabilmente era lì che mi serviva anche i pop corn. Però il punto è che sembra imbolsito e poco espressivo. Ma insomma, se al suo posto ci si metteva un cartellone con la sua foto e lui che leggeva le battute in ciabatte dietro la macchina da presa il film veniva uguale lo stesso.
Per finire: nulla. Purtroppo sono lontani i tempi degli Oscar.
See ya soon cowboy.

domenica 16 luglio 2017

Te lo leggo nella mente


Tempo fa, e non saprei nemmeno dire quando, acquistai questo libro per la curiosità di conoscere qualcosa in più del misterioso mondo del mentalismo, del quale avevo tanto sentito parlare, ma non conoscevo una mazza. 
Devo ammettere che subito questo libro non mi entusiasmò e dopo poche pagine lo abbandonai in uno dei meno accessibili scaffali della mia libreria, dimenticandomi o quasi della sua esistenza. 
Non l'avevo capito. Mi era sembrato sciatto e privo di significato. 
Lo so, lo so. Sono un coglione.
Poco tempo fa mi sono imbattuto in questo post pubblicato su Giap! dai Wu Ming e ho pensato: "Cavolo, ma io questo Tomatis l'ho già sentito! E pure il titolo del libro mi dice qualcosa...e anche la copertina azzurra con quel disegno...ma porc. ce l'ho il libro!" 
Beh, insomma, l'ho già detto che sono un coglione. 
E infatti lo ripesco dallo scaffale dei libri dimenticati e, invogliato dal post dei Wu Ming, mi rimetto a leggerlo. 
Ora non dico di averlo finalmente capito in toto, ma almeno ho capito che allora non l'avevo capito (capito, no? è chiaro?).
Il punto è che il testo è un percorso scandito in tappe, o "porte" che si schiudono via via su una realtà sempre più rivelata, di introduzione ad una realtà "magica", dove la magia è esclusivamente un prodotto della nostra mente. Allora c'è una bella differenza tra il prestigiatore e il mentalista. Dove il primo lo si può immaginare come un tecnico delle illusioni capace di stupire, il secondo è un narratore capace di convincere. Una performance mentalistica pura dovrebbe condurci in un'altra realtà o farci scoprire qualcosa della nostra realtà che prima non conoscevamo e quindi introdurci in un mondo di conoscenze più vasto. 
Ovviamente la mera prestidigitazione e il mentalismo spartiscono la capacità tecnica, ma poi il mentalismo richiede altro, cioè cultura, curiosità, creatività, e sopratutto capacità affabulatoria. 
Ecco perché il mentalista deve essere un abile narratore. Perché chi assiste ad uno spettacolo mentalista sia assorbito in un'altra realtà, in cui i "giochi" di prestigio acquisiscano maggiore significato e quindi credibilità. La cornice è tutto.
In effetti Tomatis preme molto su questo aspetto. Se ci si vuole avvicinare a quest'arte, perché a certi livelli si tratta di vera e propria arte, bisogna crearsi un mondo e un personaggio da interpretare possibilmente cercando qualcosa di attinente ad un'ambientazione credibile e che sia di proprio gusto. Ad esempio Tomatis propone un progetto di mentalismo interessante in cui unisce due le sue due passioni: Lost e la Matematica. Ma ovviamente le possibilità sono tantissime. 
Conclusioni: il libro è gustoso, è scritto bene e lo si legge velocemente. E sopratutto incuriosisce e invoglia a saperne di più. 
E io che non l'avevo capito sono un coglione. 
Ma l'avevo già detto da qualche parte, no? 

Ciao


martedì 11 luglio 2017

L'isola di Arturo

Quando finisco di leggere un romanzo, o un saggio, ho sempre bisogno di un momento di riflessione, come se dovessi digerire e assimilare quanto appena letto. 
Mi vergogno di aver impiegato diversi giorni a leggere L'isola di Arturo e di non averlo apprezzato fin da subito. Ci ho messo un po' e verso la metà mi sono imposto di continuare e finire. 
Ma alla fine il romanzo colpisce. Sarebbe inutile farne una critica, e io non sarei minimamente capace di aggiungere nulla di nuovo a quanto immagino sia già stato detto dalla critica. Ci sono romanzi che andrebbero letti tutti d'un fiato. E questo  è soprattutto un romanzo psicologico, non di azione,  in cui la narrazione si sviluppa tutta intorno alla formazione di una personalità che avviene nel passaggio dalla fanciullezza /adolescenza all' età adulta.
Tutto è mediato dagli occhi di Arturo. È lui che narra le vicende e la narrazione è il frutto della sua comprensione della realtà. Così noi lettori veniamo a conoscere una realtà dei fatti e non la realtà. Fino a quando non avviene la maturazione e il disvelamento di quella che è la realtà, o se volete, un'altra realtà, rispetto a quella prima percepita da Arturo. È secondo me sta qui la grandezza e la modernità del romanzo della Morante. 
Dopo Arturo è l'isola la protagonista. Da luogo fisico, geografico, diventa luogo mentale e infine simbolo dell'età infantile /adolescenziale che purtroppo non tornerà più.
...
Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano.
L'isola non si vedeva più.

mercoledì 5 luglio 2017

Morto Villaggio, muoiono i blog, e c. vari

Allora è morto Villaggio.
E qual è il modo migliore di celebrarlo se non essendo protagonisti di una scena fantozziana proprio nel giorno della sua morte.
In mattinata al lavoro vado in bagno. E quando mi sbottono i pantaloni, il bottone si stacca e vola diretto in fondo alla tazza. Pluf. Lo guardo affondare e penso: "Ecco, a te Fantozzi".

Ok. Ma Villaggio non è stato solo questo. E va bene, ma ciascuno di noi, come sempre accade in questi casi, lo ricorderà per qualcosa in particolare. Per me, come per molti sono i film di Fantozzi, i primi sopratutto, perché gli ultimi mi sono sempre rifiutato di guardarli. Per mia madre probabilmente per il tedesco di "Cermania" Krunz, che già quelli della mia generazione non conoscono.

Allora muoiono anche i blog (qui), così scriverci è fuori tempo. Bene, bene, così non avrò rimpianti quando lascerò passare troppo tempo tra un post e un altro.

Allora (e tre...). Ho finito di vedere la seconda stagione di Mr. Robot . Una serie Fantathriller, se così si può dire, che Infinity ha trasmesso intera.
Diciamo che i primissimi episodi della prima stagione sono un po' aridi, ma hanno un che di disturbante che ti induce a proseguire. Via via la trama diventa sempre più fitta e intricata con successivi colpi di scena che spiazzano. Insomma si rimane incollati. E mi stupisce che finora non abbia avuto la stess fama di altre serie che vanno per la maggiore adesso.
La cifra stilistica della serie è l'inquadratura scentrata, in cui il parlante è collocato in primo piano in basso a sinistra o a destra dello schermo. Ci sono anche diversi silenzi e temi dilatati, ma il tutto non stona.  Da vedere.

E ora un quesito per tutti:
Ma perché cazzeggiando su youtube ho trovato questa canzone che esprime perfettamente il mio umore di questo periodo?


venerdì 23 giugno 2017

Fa caldo, maledizione!

Allora.
Questa mattina mi sono svegliato alle 4.00 pensando al mio esangue conto in banca. Diciamo che l'angoscia mi fatto passare subito il sonno e dopo una sosta sul divano di un'oretta circa, a non fare nulla, mi sono riaddormentato verso le 6.00 per rialzarmi con la sveglia delle 6.30.

Ok.
Ho messo la sveglia presto perché avevo del lavoro arretrato che volevo assolutamente smaltire prima del fine settimana così mi sono recato in ufficio prima del solito per iniziare di gran lena.

(Parentesi psicologico-filosofica che i meno svegli possono saltare)
Mentre guidavo per le strade poco trafficate della città ho meditato sulla mia situazione e sono giunto alla spiacevole conclusione che è tutta colpa mia. E' molto semplice: la psicologia ci insegna che non possiamo cambiare la realtà o quello che ci succede. Possiamo solo cambiare il nostro modo di reagire alla realtà. Qualsiasi evento, aggiungo io, non è di per sé né piacevole né spiacevole perché siamo solo noi a dargli un significato.

Questa riflessione, frutto di letture sballate e nozioni acquisite in studi universitari, mi hanno indotto a chiedermi: cos'è che induce a dare un significato piuttosto di un altro?
E mi sono dato la risposta della PNL : la mappa non è il territorio. Cioè i nostri schemi mentali e le nostre idee non sono la realtà ma solo una sua interpretazione. Il punto è che questa nostra interpretazione genera a cascata tutta una serie di conseguenze, tra cui appunto il nostro modo di dare un senso agli eventi.)

Succede che una pratica maligna mi ha bloccato per un'ora circa e quindi tutto l'anticipo su cui avevo investito è andato in fumo.

E allora altra ansia, per la pratica in sé e poi perché ne sono arrivate altre e altre e altre e non finivano più. E quello che è triste è che tutte le meditazioni della mattina, quelle fatte mentre guidavo e che i meno svegli non hanno letto (andate sopra e rileggete, se no levatevi dalle palle che questo blog non è per voi ...Sorridete! Gli spari sopra. Sono per voi.)

Conseguenza: ho avuto il muso per tutta la mattinata. Non ho fatto nulla per nasconderlo e i colleghi più rompipalle se ne sono anche accorti e me l'hanno fatto notare.

Alla fine sono uscita un'ora dopo il previsto. Non mi verrà pagata a meno che non mi impunti e la recuperi uscendo prima un altro giorno, ma questo significherebbe avere altri arretrati da smaltire il giorno dopo e così via.

Oggi pomeriggio c'è stata la festa di fine anno all'asilo di mia figlia e non finiva più. Era all'aperto sotto il sole. I bambini erano stanchi e i genitori avevano facce scure e l'evidente desiderio che tutto finisse il prima possibile.

E adesso fa caldo. Sto sudando perché stare davanti al pc si muore. Grondo di sudore e i vestiti mi si appiccano addosso e inizio pure a sentire sonno.

Desiderio
Voglio guardarmi un film prima di andare a letto, anche se non so bene quale. Uno qualsiasi, bello però; che mi faccia dimenticare la giornata e l'angoscia del conto corrente.

Buona notte.

giovedì 22 giugno 2017

Ma quanto manca alle vacanze?

Sto iniziando a contare i giorni che mancano alle mie ferie. Troppi, più di un mese. Vado al lavoro per inerzia. Sono i ritmi scolastici, a cui sono ancora abituato a distanza di tanti anni. Così a giugno le energie vengono meno e mi passa la voglia di fare qualsiasi cosa.

Sto leggendo con molta fatica "L'isola di Arturo" di Elsa Morante. Lo volevo leggere da tanto tempo - vergogna, non averlo letto da ragazzo! - ma ora me lo trascino poche pagine una sera dopo l'altra prima di addormentarmi.

So che dico una bestialità, e non è il caso di questo romanzo, ma siamo sicuri che tutti i classici meritino di essere letti? Forse alcuni appartengono ad un'epoca troppo lontana, e forse altri non piacciono e basta. Bisognerebbe accettare queste possibilità. Invece io mi ostino e penso: eh, no, questo non si può leggere se prima non hai letto x. Il che, lasciatemelo dire, è proprio una cretinata.

Va bene leggere buoni romanzi e va bene lasciarsi incuriosire fa titoli sentiti r mai aperti prima. Per il resto, chissenefrega.

domenica 18 giugno 2017

The hateful sunday

Questa mattina mi sono svegliato male. Avevo una brutta sensazione di affaticamento e di oppressione al petto, che si è attenuata solo dopo alcune ore ed è tornata verso le sei di sera, e dei pensieri foschi sul lavoro.  Ho subito pensato che l’apparato cardiocircolatorio fosse in procinto di cedere, anche perché negli ultimi tempi ho dei seri dubbi sulla tenuta delle mie coronarie. Quando mi girano le p…., per lo più a causa delle letture di articoli di politica o di cronaca, ne sento chiaramente gli effetti sull’organismo: aumenta la pressione arteriosa, la testa mi gira e sento un peso invisibile che mi comprime il petto.

Ho parlato ad Mca del brutto risveglio di stamattina e mi ha suggerito che potrebbe trattarsi di ansia. Se la diagnosi fosse corretta sarebbe davvero sconfortante svegliarsi la domenica mattina con un attacco d’ansia. A dire il vero anche un attacco cardiaco di domenica mattina sarebbe seccante, ma se proprio devo scegliere preferisco il primo.

Ed è la classica scelta del minore dei due mali. Quella che a volte ci si trova costretti a fare e che ovviamente non si vorrebbe, tipo, ma faccio solo un esempio, scegliere se dare un incarico importante ad un fighetto o ad una bambola gonfiabile di un altro. Chi scegliereste?

Tirrem innanz.

E per la gioia di mio cugino L., affezionato e unico al mondo, lettore di questo blog e delle sue specialissime recensioni, ecco una sega mentale cinematografica su “The Hateful Eight” di Tarantino (che ahimé visto solo da poco).

E’ forse un caso, una coincidenza, o un segno del destino che questo film in cui ci sono otto protagonisti  sulla scena sia proprio l’ottavo film di Tarantino? Non è invece che fin dai titoli all’inizio (dove ci accenna a questo fatto) il regista ci voglia dire qualcosa? Non sarebbe una novità. Se la metafora è voluta, la si potrebbe leggere in questo modo. Ciascun personaggio corrisponde ad uno dei suoi precedenti film. Ed è interessante il fatto che qualcuno muoia e qualcun altro no. Quasi a dirci, di tutti i miei film ne salvo solo alcuni (o alcuni resistono al tempo, se si vuole), io lo so ma sta a voi capire quali.

Devo dire che mi ero ripromesso di tentare di risolvere l’enigma ipotizzando una lista in cui a ciascun personaggio avrei associato una sua pellicola. Ma poi per il tedio, lo spleen, o forse soltanto per la paura di perdere tempo dietro una cazzata, non l’ho fatto.

A voi la palla, se vi piace.


sabato 17 giugno 2017

A riposo

Dovrebbe essere questo l'aggeggio di moda quest'anno?
E sia. Prendiamolo subito allora. Anzi due, che c'è anche la consorte, please.

Arrivo a casa e non ho voglia di fare nulla.
Ma guardare la tv e mangiare schifezze è una buona o cattiva abitudine?

Mi piace leggere l'oroscopo di Rob Brezsny su Internazionale perché, strano a dirsi per un oroscopo, non ha pretese di vaticinare il futuro, quanto quello di dare consigli più psicologici che astrologici.

È in oroscopo settimanale e questa settimana consiglia a tutti quelli sel mio segno di abbandonare una cattiva abitudine e un'abitudine neutra per sostituirle con due buone abitudini.

Va bene ma quali sono le abitudini cattive? 

Cattiva:
Cazzeggiare al cellulare quando sono con le mie figlie.

Da sostituire con:
Riporre in tasca il cellulare e giocare con le figlie.

Poi bisogna pensare ad un'abitudine neutra. E quali sono le neutre? Quelle né buone né cattive in sé, ma che fanno spendere inutilmente energia mentale.

Eccone una:
Stare spaparanzato sul divano a guardare la tv saltando inutilmente da un canale all'altro.

Da sostituire con:
Scrivere. 
Qualcosa di sensato possibilmente.
O sul blog o anche a mano, sul quadernetto nero che avevo comprato per il corso di scrittura. Sì, in questi lunghi mesi di assenza dal blog ho scritto a mano la sera su un quaderno nero. Va bene come giustificazione per l'assenza?

A proposito, questo post l'ho scritto con il cellulare. Quindi può contenere errori di battitura e i rientri possono essere fuori posto.

Ciao-ciao.

martedì 13 giugno 2017

E mentre scrivevo...

Sapete che è successo mentre scrivevo l'ultimo post?

Che la seconda figlia, appena uscita dalla doccia, mi si è seduta a fianco e con un bel pennarello arancione si è colorata tutte e due le gambe.

A seguire: lamentele della consorte e  repentina pulizia con salviette ad opera del sottoscritto.

Bentornati su Napval.

Ma quando si riprende a scrivere sul blog?

Allora, ricominciamo?

"Non ce la faccio" è il trito e ritrito refrain della mia vita. Ok, è solo per far piacere a L. che mi rimetto a scrivere sul blog, con l'ormai vetusta e sputtanata idea si avere una certa continuità che non avrò mai.

Ma almeno riprovarci no?

E va bene ci riproviamo. Ma sì, dai, un'altra volta che tanto a parte L. Non ci legge nessuno e almeno con l'app per cellulare è meno faticoso sedersi al pc e pigiare sui tasti.