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mercoledì 16 gennaio 2019

Bancomat!

Sarà perché mi sono visto tutte e quattro le stagioni di Sherlock di filato in due settimane, ma credo di avere iniziato a sperimentare degli effetti nefasti sulla mente.

Ecco un esempio di cosa mi è successo sabato scorso:

Improvvidamente scosso dalla consorte mentre mi stavo per appisolare sul divano, sono stato istigato ad andare contro voglia a fare la spesa al supermercato.

Presi armi e bagagli e pronto per l'odiosa missione, proprio mentre mi trovavo sulla porta ho sentito distintamente la mia mente che sussurrava questa parola: bancomat.
E' stato un sussurro, una voce lieve quasi impercettibile, ma chiara in fin dei conti e sono sicuro che l'origine fosse profonda se non inconscia.

Ho reagito razionalmente e come se rispondessi a quell'immaginaria voce ho detto dentro di me: "Il bancomat, certo. Pagherò con il bancomat che ho nel portafoglio dove lo tengo sempre e dove non lo tolgo mai se non per pagare; non porto mica i contanti, ovviamente.

Così mi sono recato al supermercato e ho fatto la spesa. Ma quando è stato il momento di pagare, cioè quando tutta la spesa era ordinatamente e faticosamente collocata nel carrello (i surgelati e le robe fredde in una borsa, le cose calde in un'altra), e il cassiere aveva già stampato lo scontrino e me lo porgeva, ecco che ho aperto il mio portafoglio e ho constatato dapprima con disappunto e poi con terrore che il bancomat non c'era.

Impossibile! il bancomat non c'era. Io che non lo tolgo mai, o che se lo uso subito lo rimetto a posto! Niente. Non c'era. Così ho subito detto al cassiere che dovevo lasciargli lì la spesa, che avevo lasciato il bancomat da qualche parte e che sarei tornato a prenderlo.

Mi sono lanciato fuori dal supermercato con l'angoscia di non sapere minimamente dove l'avessi dimenticato (o cosa ancora più terribile, ma plausibile, perso); niente, non mi veniva in mente nulla.

Ho chiamato la consorte e le ho spiegato la situazione. Lei ha detto che sarebbe andata a pagare intanto, mentre io potevo recarmi alla Piscina Comunale, dove avevo pagato il giorno prima (con il bancomat!) l'iscrizione al corso di nuoto di mia figlia.

Volo, ho risposto. E mi sono lanciato verso la piscina, per fortuna non molto distante. Lì la segreteria aveva appena chiuso, ma la gentile impiegata che mi ha visto bussare sul vetro pronunciando con il fiatone solamente la parola disperata "bancomat", ha cercato di aiutarmi.

Ma niente. Lì il bancomat non c'era. L'impiegata doveva andare a casa ma ha cercato, ha aperto cassetti, sollevato faldoni di carteggi vari e ha perfino aperto una cassaforte dove conservano i documenti importanti e quelli dimenticati dai pirla come me. Niente, neppure lì.

Così me ne sono uscito con la coda tra le gambe, immaginando già la trafila: blocca il bancomat, fattene mandare un altro, impara di nuovo il codice (peccato quello di prima era così semplice da ricordare...).

E poi ecco un flash: ho ripreso in mano il portafoglio e ho guardato in un altra tasca. Lì c'era il bancomat, insieme alla ricevuta di iscrizione del corso di nuoto. L'ho avuto sempre con me. Da casa al supermercato e mentre quella poveretta apriva la cassaforte della segreteria della piscina.

Cosa è successo?

Ricostruendo gli eventi deve essere successo questo: venerdì ho usato il bancomat per iscrivere mia figlia a nuoto ma poiché c'era molta confusione e molta fila, ho rimesso il bancomat in un altro scompartimento del portafoglio annotandomi mentalmente di rimetterlo a posto in un momento di calma, e non l'ho fatto. Ma la mia mente ha registrato tutto ciò. Io ho dimenticato di riaprire il portafoglio e farvi ordine ma la mia mente se ne è resa conto e al primo momento utile, quando sull'uscio di casa faccio mentalmente una check list mentale per vedere se ho tutto, mi ha avvisato. Letteralmente. Me l'ha proprio detto.

Scemo io che non ho ascoltato attentamente. Avrei dovuto fermarmi e chiedermi: perché mi dici questo?

Sarebbe stato un sabato più tranquillo.

martedì 8 gennaio 2019

Dico la mia su Bohemian Rapsody

È difficile rimanere distaccati di fronte ad un film del genere.
Mercury e i Queen: un film attesissimo dai fan. Freddy Mercury è un’icona, un mito, E tutti i miti sono irraggiungibili, iconici, è diventa quindi difficile non essere coinvolti emotivamente da un’operazione come questa.

Allora bisogna scindere le due cose: il mito dal film.

Bisogna prendere le distanze ed è comunque difficile anche solo per la somiglianza degli attori ai modelli reali. Uno su tutti Malek, che secondo me fornisce una grande prova di immedesimazione nel personaggio. Ma Malek è un attore promettente e ritengo che Mr. Robot, la serie di cui è protagonista, sia ingiustamente ed erroneamente sottovalutata.

Scindiamo Mercury e i Queen, la loro musica e la loro storia dal film allora.
Sui primi che dire? Cosa volete che dica, che non è stato già detto? Non sarei capace di aggiungere altro. E non credo che si possa aggiungere qualcos’altro. Mercury è un mito oramai consacrato alla storia del rock; le canzoni, le performance, l’impatto scenico, trascendono l’immanente e Sono collocate ormai fuori dal tempo affinché siano tramandate ai posteri.

Veniamo allora al film. Date queste premesse posso dire che penso si sia trattata di un’operazione molto rischiosa. Sicuramente si trattava di un film molto difficile da realizzare.  Non ho voluto leggere molte recensioni prima di vederlo, ma mi pare di capire che la critica maggiore abbia riguardato il mancato rispetto della cronologia degli eventi, che ha comportato dei mescolamenti del corretto svolgersi degli accadimenti.

È una critica corretta se l’intento del film fosse solo quello di una mera ricostruzione didascalica deglie eventi. Cosa che ad esempio avviene nella parte finale con la notevole riproduzione della performance al live Aid.

Ma è anche vero che se l’intento non fosse quello, la critica verrebbe meno.

Ma allora quale era l’intento? Spero non quello meramente commerciale di sfruttare il ricordo di Mercury per vendere biglietti a quarantenni e cinquantenni nostalgici, perché sarebbe triste oltre che disonesto.

Non mi sembra che si sia voluto parlare della malattia e del modo in cui l’ha affrontata, perché lo spazio dedicatole non è molto. Ne’ si è posto l’accento sulle intemperanze e le eccentricità di Mercury, anche perché non mi sembra che si riveli o mostri nulla di particolarmente scabroso.

Non viene sviscerata l’ambiguità sessuale o la presa di coscienza del suo orientamento sessuale.

Insomma, è come se di fronte a tante possibili strade, gli sceneggiatori non abbiano saputo scegliere una direzione chiara. A volte sembra che il film sbandi in un verso, salvo poi rientrare in carreggiata e infilare anche qualche melensaggine di troppo.

Ammettiamo pure che qualsiasi bipoic (come vengono chiamati questo genere di film) sia difficile da realizzare e che questo lo fosse più degli altri, il giudizio resta sospeso.
Un fan di Mercury è dei Queen non se lo può far scappare, ma chi non li ha conosciuti, chi si avvicina per la prima volta, rischia di avere è un’immagine distorta. O forse non è nemmeno la distorsione il rischio, quanto piuttosto quello di non conoscerli affatto.

Ecco un’altra pecca del film, non aiutare nemmeno a farli conoscerli un po’ i Queen e anche solo a mostrare, non per forza a spiegare, le emozioni che hanno suscitato.

Concludo.
È molto difficile dire di non vederlo, nonostante gli aspetti negativi e irrisolti. E i venti minuti finali meritano da soli la visione di tutto il film. Ci si emoziona per le canzoni ma si rimane interdetti per il resto. Il dubbio che l’attrattattiva del film si esaurisca tutta in Mercury e nelle canzoni dei Queen rimane ed è forse la pecca più grande.

Non è un film brutto, ma non è un film riuscito.
Io lo consiglierei comunque, perché comunque si deve vedere.

The end

domenica 6 gennaio 2019

E adesso Ralph spacca internet ! - senza spoiler

Tutta la famiglia è fan del primo Ralph. Era chiaro che non potevamo perdere questa occasione così siamo andati tutti a vedere il sequel: Ralph spacca Internet.

Il titolo è azzeccato, ma non posso spiegare perché se no rovinerei la "magia" a chi vuole andarlo a vedere.

Diciamo subito un'altra cosa: è meglio il primo. Non me ne vogliano sceneggiatori, registi, attori, produttori e maestranze varie, ma non c'è storia.

Il primo film è più equilibrato. C'è un bisogno, ci sono un'eroe e un'eroina, ci sono personaggi ben definiti con motivazioni personali chiare, c'è un signor cattivo a tutto tondo che agisce per un motivo chiaro e ci sono quindi una trama principale e delle sottotrame.

Il secondo no. Non ha lo stesso equilibrio. Le premesse ci sarebbero pure; ma il resto non convince. Prima di tutto non c'è un cattivo. Lo snodo principale della trama non mi convince e più di tutto non mi piace il product placement privo di pudore che un bambino non coglie ma un adulto con un minimo di cervello ovviamente sì.

Una cosa che decisamente non va è che per buona parte il film è un grande spottone alla grande D. e ad altre aziende. E la cosa è molto fastidiosa.

Poi nulla dire sulla qualità grafica o registica. Né sui dialoghi.

Ho ancora il dubbio sui reali destinatari di film del genere: bambini? giovani adulti? adulti ancora "giovani" o che si reputano tali?

Che ne sanno infatti i bambini dei siti internet, e del funzionamento della rete? In alcuni punti ho pensato a quegli spot educativi che insegnano alcuni concetti attraverso i cartoni animati. Mah.

Comunque se uno è un fan questo seguito non se lo può perdere. Potrà così dire: li ho visti tutti.

In fin dei conti a parte uno o due momenti non ci si annoia. Perciò....se non c'è altro...

Buona visione.



giovedì 3 gennaio 2019

Le otto di Ocean

Ocean's eight è tra il sequel e lo spin off. È un sequel perché è ambientato dopo le vicende narrate nei primi tre film; è uno spin-off perché la protagonista è la sorella di Daniel Ocean e perché  in alcuni camei appaiono due personaggi (pochi secondo me) della serie originale.

Che dire? Sono un fan dei primi tre. Mi piace il primo, il secondo pure non è malvagio, il terzo è un po' meno divertente ma la convinzione che ci mette Pacino, vale da sola il film.

Su questo siamo un po' al ribasso e mi dispiace. L'idea di evocare dall'ignoto una fantomatica sorella è un'idea un po' paracula per ravvivare una serie che non aveva più nulla da dire. Per carità, ci può anche stare, però è evidente che non è possibile replicare le atmosfere gigionesche e ammiccanti del trittico precedente.

La trama è più o meno la stessa, ma in salsa femminile, secondo il trito stereotipo, poiché l'obiettivo sono i gioielli indossati ad una sfilata di moda (con annessi muliebri oh ed ah di stupore).

I personaggi ricalcano i precedenti anche nella capigliatura. Il buon Clooney è sostituito dalla sorella Bullock (che tra parentesi è qui al minimo sindacale) Pitt dalla biondissima  Blanchet, che non si capisce che ci sta a fare.
Le altre comprimarie sono chi più chi meno sotto la sufficienza. La Carter sembra uscita da Sleepy Hollow. Rihanna recita (recita?), con la stessa espressione per tutto il film. La Hathaway sa fare bene la stronza, e vabbe.
Il resto non pervenuto.

Nulla a che vedere con le spalle della versione maschietti che  avevano anche più spazio.

Manca l'ironia e l'impressione è che si sia fatto tutto in fretta.
Forse è questo il senso delle 8 rispetto agli 11 di prima: hanno dovuto tagliare anche nel numero delle protagoniste.

Insomma non è un'operazione nostalgia, non so se ne faranno dei sequel, ma potrebbero così come potrebbero farlo pure The Passion (the passion 2 potrebbe narrare l'opera di Cristo in cielo alle prese con i cazzi e gli scazzi del mondo moderno...no, vabbè è solo un suggerimento...).
Forse è un tentativo di fare due soldi con poco sforzo. Ecco. Infatti è passato velocemente in sala e non ce ne siamo quasi accorti.

E va bene, avanti il prossimo.

Da vedere? Per carità, non è noioso, ma nemmeno indispensabile. Io lo consiglierei a chi proprio non ha altro da fare la sera. Così giusto x dire ok, li ho visti tutti, ma proprio tutti, anche quello con la sorella.

mercoledì 2 gennaio 2019

Anno nuovo, vita?

Iniziamo il nuovo anno. Non possiamo sottrarci, ci tocca.
E forse quest'anno ciò pure Saturno contro, se non ho capito male. Potrebbe però non esserci nulla di nuovo; quando l'ho detto a mio cognato mi ha fornito l'ineffabile risposta: "Capirai, è da quando sono nato che ciò Saturno contro".

Lasciamo perdere l'oroscopo.

Quali propositi per il nuovo anno? Diventare dannatamente ricchi. Ricchi di vita, esperienze, passioni? No. Ricchi di soldi. Ma da fare schifo.

Oltre a pure questo, passiamo a letture/films/minchiate.

Ho letto Black Sunday di Harris. Ne è stato tratto un film che mi riprometto di vedere, anche se credo che non sarà facile recuperarlo. Il romanzo è avvincente, ritmo serrato, azione, violenza e lussuria come piace a me. È in thriller di spionaggio, in cui degli agenti segreti israeliani devono sventare un attentato terroristico negli Usa. Si tratta di una lettura vacanziera, nulla di che. Però era da tanto che un romanzo non mi appassionava così. Il punto di vista è sempre in movimento tra i due schieramenti e si potrebbe parteggiare indifferentemente per l'uno o per l'altro, il che rende la cosa più intrigante.

Per ciò che concerne i films. Sto facendo delle lunghe dormite sul divano mentre il resto della family si sorbisce film di serie c sul natale in pay per view. Pertanto nulla è pervenuto finora fatta eccezione per Polar Express di Zemeckis che non avevo mai visto e che non è male per una visione in famiglia a Natale.

Sulle serie mi ero appassionato a Licifer, ma dopo la prima stagione sinceramente mi ha stancato. L'idea del plot è abbastanza astrusa da poter essere interessante: il diavolo si stanca di fare il diavolo e si mette a tampinare una detective di Los Angeles. Poi boh. Sono andato avanti un po' per inerzia. Ci sarebbero anche degli spunti carini, ma forse anche un po triti (del tipo che entra in terapia e si fa la psicologa). Insomma poco incisivo, soprattutto per l'assenza di sangue. Sto diavolo mi sembra in bonaccione infondo.

Mi sono buttato allora su Sherlock. È in prodotto sicuramente migliore e l'idea è più credibile: una rivisitazione di Sherlock Holmes ma ai giorni nostri. Buoni gli attori ma ci ho trovato due pecche: a volte il ritmo scema e la mia palpebra scende inesorabilmente, il che potrebbe anche essere un mio problema, capiamoci.
La seconda è Moriarty. Da che mondo e mondo Moriarty è un professore di una certa età. Qui hanno ringiovanito un po' tutti ma l'errore è stato farlo anche con il sommo antagonista. Capisco che non è semplice rappresentarlo (quello dei film di Pierce non mi piace, mi sembra un po' scailbo), ma qui si mette un ragazzino isterico che sembra ispirarsi più al Joker di Ledger che al professore del Canone. Insomma, non mi ha convinto.

Sono alla terza stagione. Vedremo.