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martedì 24 gennaio 2012

laurea dopo i 28 anni? da sfigati

Oggi rimbalza su diverse testate on line la dichiarazione del viceministro al lavoro e alle politiche sociali Michel Martone che osserva che bisogna dire ai giovani che se si laureano dopo i 28 anni sono degli sfigati. 

Ovviamente dopo aver pubblicato questa dichiarazione sono successe due cose prevedibili: 
- le sconcertate e piccate reazioni di associazioni varie (nonchè dei singoli sul web) e dei politici meno allineati con questo governo; 
- la ritrattazione o meglio la correzione delle dichiarazioni da parte del viceministro che consapevole di aver esagerato con i termini usati ha provato a correggere. 

Questo episodio mi ricorda molto quello di Tommaso Padoa Schioppa che apostrofò con un vetusto "bamboccioni" i giovani che stavano ancora sul groppone di mamma e papà. 

Devo dire che non mi ha sconvolto la dichiarazione di Martone perchè sono sicuro che deve essere inserita in nel contesto di una riflessione più ampia. A leggere il discorso complessivo e la successiva precisazione ho avuto l'impressione che l'intenzione del vice ministro fosse quella di cercare di promuovre una cultura meritocratica che da noi latita drammaticamente magari promuovendo anche il valore dello studio e della scelta anche di percorsi non universitari per chi non ce la può fare. (da repubblica ). 

Ovviamente bisogna sempre contestualizzare un discorso e spesso i giornalisti dovendo sintetizzare sono costretti a mettere in risalto i punti salienti di un intero ragionamento con il rischio di travisare o di fornire un messaggio parziale. Pertanto concediamo al vice ministro il beneficio del dubbio.
Ma la cosa che più mi fa specie è che (e ne sono intimamente persuaso) al giorno d'oggi chi ricopre incarichi pubblici deve necessariamente avere delle competenze comunicative e quindi prestare attenzione al pericolo che le proprie idee siano riportate in modo tale che si eccedano le intenzioni originarie. Almeno se non si è capaci (perchè non è da tutti) che ci si astenga, per favore.

Il precedente presidente del Consiglio dei Ministri non era adatto al ruolo che ricopriva per molti motivi, ma almeno aveva compreso ( e bisogna dargliene atto era anche molto bravo) che i messaggi rivolti ad un vastissimo pubblico come l'intera popolazione, devono essere molto semplici, molto chiari, molto diretti e molto molto specifici. Così non si corre il rischio di non essere capiti.
 
Sicuramente in questo modo si rischierà di dire cose banali ma almeno non ci saranno polemiche e tensioni di cui certamente non abbiamo bisogno.

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