Visualizzazioni totali

martedì 23 giugno 2020

Le alternative non esistono: Labranca è vivo.

E' più di un giorno che mi frulla in testa l'idea di questo post. Penso all'incipit, a come proseguire, a come argomentare. Troppi pensieri, troppo caos. E' anche un post disonesto perché tratta di un libro che non ho ancora finito di leggere ma non riesco a resistere: l'impulso è troppo forte.

Così lo metto giù e basta, così come viene. 

Come quando qualche giorno fa ho letto su un quotidiano la recensione del libro di C. Giunta "Le alternative non esistono. La vita e le opere di Tommaso Labranca" (Il Mulino, 2020). Appena terminata la lettura dell'articolo ho sentito la necessità di acquistarne una copia e mi sono recato appena ho potuto presso una delle principali librerie della mia città incredulo sulla possibilità di trovarne una. Sono stato fortunato e una copia c'era (l'unica?) e mi sono anche chiesto che tiratura e quali acquirenti potrà mai avere un testo del genere. 

Di Claudio Giunta, professore universitario di letteratura e collaboratore di quotidiani e riviste non avevo letto nulla se non due pregevoli articoli su Internazionale in cui aveva coraggiosamente definito Lo Sgargabonzi (alias A. Gori) "il migliore scrittore comico italiano". Quando ho realizzato che si trattava di quel Giunta che scriveva di quel Labranca non c'è stato nulla da fare, l'impulso all'acquisto si è tramutato in brama. 

Ma due sono i motivi originari che mi hanno fatalmente indotto alla frenesia dell'acquisto. 

Il primo è che quando circa quattro anni fa lessi la notizia della sua morte (quasi fortuitamente, dato che non gli vennero dedicate molte righe sui giornali), ci rimasi male. Ci rimasi male come può rimanerci male un fan, o un sostenitore, insomma uno che alla fine si prenderebbe la libertà di dare del tu ad un idolo incontrato per la strada, basandosi sulla falsa presunzione di aver instaurato con lui una qualsivoglia relazione solo per il fatto di averne letto con avidità le opere. 
Eppure se ci penso, e più procedo nella lettura del libro di Giunta me ne convinco, se avessi incrociato Labranca dal vivo, se avessi avuto la fortuna di scambiare due chiacchiere con lui, non ne sarei uscito bene e molto probabilmente lo avrei schifato, e per ignoranza (la mia) e per incapacità dialettica (sempre la mia, ovviamente). Il fatto è che Labranca era per me una di quelle voci remote che Giunta definisce ottimamente come "un gruzzolo di esseri umani lontani, nel tempo o nello spazio, con cui conversare". Sicuramente, nel mio piccolo, condivido con Giunta questo patrimonio. 

Il secondo motivo è un po' intimo, se mi si concede il termine. E' il fatto che le letture di "Andy Warhol era un coatto" (1994), "Estasi del pecoreccio" (1995) e "Chaltron Hescon" (1998), mi rimandano con la memoria ai tempi del Liceo, negli anni più vulnerabili della mia giovinezza, quando una mattina di un mese imprecisato, il professore di Filosofia si presentò in classe brandendo il primo volume di cui profferì un'entusiastica recensione che mi indusse di lì a breve ad acquistarlo e a leggerlo avidamente. Iniziai da allora a sospettare della Cultura con la C maiuscola e sopratutto dei suoi più fervidi sostenitori. Gli sarò sempre grato per questo. 

Il libro di Giunta è un tentativo romantico di sottrarre all'oblio le idee e la storia di un intellettuale scomparso prematuramente. Per quello che possa valere (molto poco, lo so) sono grato a Giunta per quest'opera. Era un'opera necessaria per non disperdere nel mare magnum il pensiero di Labranca. 

Mi piacerebbe consigliare il libro a tutti. Ma sono anche sicuro che pochi lo apprezzerebbero perché pochi purtroppo hanno letto gli scritti di Labranca e temo che a parte gli addetti ai lavori pochi si ricordino di lui (se non quelli che ne hanno un vago ricordo per le apparizioni televisive, come nel programma di successo Anima mia, che per inciso non ho mai guardato). 

Se ripenso a Labranca mi chiedo: ma questo blog è trash? Ma certo che lo è. Non perché sia "spazzatura", cioè una paccottiglia di scarso valore scritta alla bene e meglio (o bene e peggio). Ma perché è trash proprio per la definizione che ne dà Labranca. Il trash è il risultato di una fallita emulazione di un modello alto il cui esito è involontariamente comico. L'autore di trash non è consapevole dell'esito della sua operazione perché ingenuamente e sinceramente crede che quello che fa sia di valore. Anche io nel mio piccolo faccio trash. Se rileggo i vecchi post, ma ahimè anche i più recenti, mi rendo conto di aver cercato di emulare chissà quale critico letterario o cinematografico ideale senza possederne i mezzi. Siamo onesti non sono un letterato e nemmeno un esperto cinefilo. Scrivo male e le mie analisi non aggiungono nulla a ciò che già è stato scritto e detto. In più il tono è spesso impostato ma l'esito, la scrittura scialba e a volte sgrammaticata, l'errore di battitura e la chiusura del post malriuscita suscitano ad un occhio esperto tenerezza quando non ilarità. 

Cos'altro dire? Nulla. Lo faccio così. Scrivo tanto per farlo, perché mi diverte. Ma riconosco la scarsa qualità del tutto. Sono un "blogghista" della domenica.

Almeno lo riconosco e forse in per questo con me Labranca sarebbe stato pure indulgente. 




Nessun commento: