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sabato 29 ottobre 2011

Clockers di Spike Lee

Ho finalmente visto fino alla fine Clockers. Erano anni che non riuscivo a vederlo fino alla fine per un motivo o per un altro. 

Spike Lee è uno dei miei registi preferiti, ha contribuito ad innovare fortemente il linguaggio cinematografico e ha imposto uno stile personale che è diventato il proprio marchio di fabbrica. Uno su tutti la tecnica del posizionare l'attore protagonista sulla macchina da presa con un effetto di contrasto tra il primissimo piano che evidenzia l'espressione solitamente contrita sul volto dell'attore e il movimento dell'ambiente circostante. Spike Lee ricorrre a questa tecnica quando il personaggio vive il suo momento psicologicamente peggiore all'interno del film, quando sta toccando il fondo o gli eventi sfuggono al suo controllo e prendono una piega assolutamente drammatica. 

L'interessante di Clockers è che ogni personaggio perde. Ogni singolo individuo presente nella storia alla fine subisce un danno o viene sconfitto. Il messaggio sembra essere proprio: "nessuno vince, tutti perdono". 

Un altro elemento interessante è la metafora del treno. Il personaggio principale ha la mania dei trenini. Il trenino elettrico è il simbolo del viaggio e della fuga, ma soprattutto è il desiderio di realizzare un qualcosa di andarsene dal ghetto dove non c'è salvezza. 

Apparentemente Clockers non è un film sociale come Fa' la cosa giusta o Jungle Fever. Nel primo il regista tenta di spiegare l'insorgere della violenza razziale e del conflitto. Ma mette soprattutto in guardia la società americana su quello che sta facendo (o ha fatto perchè il film e di qualche anno fa) nelle città e sul fatto che da un momento all'altro la situazione può degenerare. Pertanto per tutto il film si ha una sensazione di instabilità di e di tensione per l'attesa che prima o poi qualcosa accada. Nel secondo Spike Lee esplora il conflitto interrazziale declinandolo nelle dinamiche familiari e di genere. L'affresco che ne esce è più psicologico che sociale, almeno rispetto a Fa' la cosa giusta dove secondo me prevale il sociale sul psicologico, perchè si esplorano le reazioni che i singoli anno di fronte alle costrizioni sociali e i riflessi di queste nelle relazioni interpersonali. 

Rispetto ai precedenti Clockers segna una rottura. Non sono più le differenze razziali a fornire un comune denominatore alle vicende narrate ma altre dinamiche e tutti i personaggi si muovono su direttrici diverse rispetto ai film precedenti. Ad esempio quella criminalità/legge o redenzione/punizione vittoria/sconfitta. Ma è sopratutto quest'ultima che mi sembra più evidente. Ogni personaggio cerca di perseguire un obiettivo che alla fine rimane non realizzato. Ma se negli altri film l'elemento razziale è la cornice e la causa di tutti i mali perchè le disgrazie si ascrivono in fin dei conti alla colpa di essere "neri o bianchi", qui sembra esserci un destino suoperiore, una forza ultraterrena che impone l'incontrollabilità degli eventi e lo sfascio finale. 

A mio avviso è uno dei film più pessimisti di Spike Lee proprio perchè ci comunica che certe cose andranno male per forza e non ci si può fare niente in assoluto. 

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