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domenica 22 marzo 2020

Il club dei ragazzi miliardari

Se faccio un esame di coscienza chiedendo conto a me stesso dei miei gusti cinematografici sono due i generi di film che preferisco su tutti, anche sui film di fantascienza che pure amo.

Più che di generi si tratta di argomenti, anche se io li tratterei come generi a sé.

Sono i film sportivi e quelli ambientati nel mondo della finanza. 

Nel primo caso lasciamo stare i comici italici alla Mezzo Destro, Cotechino ed Ezzeziunale (che pure li ho visti tutti e non li rinnegherò mai perché mi hanno sempre divertito: "L'arbitro, il tifoso e il calciatore"con il mitico Pippo Franco e l'immarcescibile Mario Carotenuto, solo per citarne uno), perché mi riferisco a quel genere di film che tratta lo sport come metafora per narrare la formazione psicologica e il riscatto di uomini e donne colpiti da avversità. 

Il messaggio di questi film è sempre quello di non lasciarsi andare, di non mollare, di reagire alle avversità. E che esiste sempre un'altra possibilità di trovare un'altra strada, lecita e onorevole quando tutto il mondo ti dice che non esistono alternative alla sconfitta. 

Ce ne sono tantissimi da citare e se mi arrischiassi a fare un elenco rischierei di tralasciarne qualcuno ("Moneyball" è bellissimo e commovente, "Imbattibile" sulla storia incredibile di V. Papale, "Ultimo minuto" di Avati con un serissimo ed immenso Tognazzi, ecc). 
Il più delle volte sono storie vere o ispirate a fatti reali. Altre volte no. Ma non importa, quello che importa è il messaggio. 

Il secondo genere è quello ambientato nel mondo della finanza, o per estensione della ricchezza. Da Wall Street di Oliver Stone in giù, per intenderci, fino a "1 km da wall street" o al sottovalutato "I soldi degli altri" (del 1991 con DeVito e Gregory Peck), eccetera eccetera. 

Anche qui i titoli si sprecano e anche qui si corre il rischio di non essere esaustivi. Ci sono chicche e ci sono prodotti meno riusciti, ma il messaggio che condividono (la "morale" , come se si trattasse di una favola di Fedro) è sostanzialmente lo stesso: la ricerca sfrenata e immorale della ricchezza non solo non paga, ma si ritorce contro chi la persegue, con crudeltà. 

"Billionaire Boys Club" appartiene ovviamente a questo secondo genere. E' tratto da una storia cronaca nera che forse in Italia non ha avuto molta eco, ed è un film di J. Cox uscito nel 2018 (ma girato due anni prima) con un rispettabilissimo cast di attori, da quella vecchia volpe di Spacey (pre- scandalo) ad un gruppo di promettenti nuove leve quali T. Egerton (che ha già dimostrato di essere bravo in altre occasioni e secondo me è tagliato per i ruoli da cattivo) e A. Elgort, che qui ci sguazza a fare l'attonito bravo ragazzo coinvolto nella spirale maligna del dio denaro (come un degno discendente di Bud Fox, per intenderci). 

Dico che possiamo tranquillamente aggiungerlo alla ridda di film "finanziari"e metterlo di diritto ai primo posti della classifica. 

Ora, sul perché mi piaccia il primo genere, il film sportivo, potrei avanzare qualche facile ipotesi, ma me la tengo per me. 

Sul perché del secondo non saprei, anche se qualche brutto sospetto ce l'ho e mi sento più propenso a parlarne in due parole. 

Se assumiamo per vera l'interpretazione che la finzione artistica sia la rappresentazione di un conflitto e che l'apprezzamento estetico del fruitore sia legato a quanto si riconosca in quel conflitto, dovrei dedurre che forse anche io sono sensibile al fascino perverso della ricchezza facile.  

Tutti i film sulla finanza che ho citato hanno una prima parte, rose e fiori, in cui il profumo dei soldi, del lusso e della ricchezza è così intenso che quasi esce dallo schermo. E secondo me tutti quelli che guardano quei film ne sono irresistibilmente attratti, come di fronte al canto delle Sirene. 

Ma è la seconda parte, quella più interessante. Tutti questi film sono strutturati in una seconda parte in cui si ha la caduta. Il protagonista va in bancarotta o più facilmente è perseguito dalla polizia che implacabilmente fa venire i nodi al pettine. Insomma, è il duro risveglio e ritorno alla realtà: non ti meriti i soldi facili, te li devi sudare e forse pure con tanto sudore, non li avrai mai. 

C'è quindi un che di catartico in questi film. Vederli aiuta ad immunizzarsi contro il virus del desiderio sfrenato di cose materiali.

(virus? immunizzarsi? ... ma da dove mi viene l'ispirazione per queste analogie?)

Il messaggio finale, quello che va trovato scavando ancora più a fondo potrebbe allora essere questo, sotto forma di monito:  non cercare il benessere materiale, perché si tratta di qualcosa di fuggevole e caduco. Che poi uno lo cerchi anche per vie illecite, serve solo a peggiorare le cose. 
La caduta sarà più dolorosa. 

Greed is not so good.


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