Visualizzazioni totali

martedì 22 febbraio 2011

L' ultimo ultras di Stefano Calvagna

In giro per i forum della rete, ho letto alcune critiche negative sul film di Stefano Calvagna “L’ultimo ultras” e sebbene non penso che sia un’opera d’arte vorrei spezzare qualche lancia in suo favore.

Innazitutto devo dire che mi aspettavo un prodotto molto scadente e così non è stato. Si osserva chiaramente la limitatezza dei mezzi a disposizione e in questi casi è un guaio.

Il montaggio è semplice: molti cambi di sequenza iniziano con inquadrature del lago di Garda e dopo un po’ la cosa annoia. È evidente inoltre l’utilizzo di una sola cinepresa fissa sulla scena senza l’uso del controcampo il che da un effetto di povertà abbastanza evidente.

Gli attori invece fanno il loro sporco lavoro. Diciamo che il peggiore è proprio Calvagna che dall’inizio alla fine, a parte quando mena il prossimo, ha la stessa espressione contrita che sta a metà tra la sofferenza del pentimento per le proprie immonde azioni di cui ha raggiunto consapevolezza e il bisogno di defecare nell’immediato.

È anche chiaro che è molto difficile girare un prodotto di qualità con pochi mezzi a disposizione. Prendete Kevin Smith, regista che adoro: esordì con Clerks e fece il botto con pochissimi soldi a disposizione ma si trattava di un film girato in due o tre ambienti al massimo e incentrato tutto sui dialoghi tra i protagonisti. Calvagna non è Kevin Smith. E secondo me con questo film ha mirato troppo in alto. La sceneggiatura secondo me potrebbe anche funzionare a parte per due situazioni: la sconfitta del cattivo (abbastanza ridicola e incostistente) e il colpo di scena (che non rivelo) che il regista si mangia senza creare alcuna suspence (come invece avrebbe potuto fare). L’esito della storia è invece abbastanza scontato ma potrebbe anche starci.

Lo stile comunque c’è. Le scene degli scontri, a dispetto delle critiche dei vari bloggers e postatori di forum, mi sembrano realistiche e coinvolgenti. I dialoghi non sono malvagi, e hanno poche pretese. Secondo me Calvagna avrebbe potuto fare meglio se avesse trovato un produttore che gli avesse messo a disposizione il necessario quantitativo di danè.

Mi dispiace che non si sia sprecato Mauro Meconi così. Nella serie Romanzo Criminale è stato un grande e avrebbe potuto dare qualcosa in più a questo film.

L’apparizione di Sheva, al secolo Andrij Sevcenko, con relativa assunzione di responsabilità del mondo dei calciatori nei confronti dei poveri ultras che fanno km e km pur di menarsi era anche evitabile.

Mi sembra che il film sia stato presentato come un epigono di “Ultrà” di Tognazzi. Diciamo che con il predecessore non ha nulla di che spartire. Là si osservava un certo intento di critica sociale, qui si vorrebbero evidenziare le ragioni degli ultras e contemporaneamente raccontare la redenzione di un ex tifoso. Ma il messaggio che ne esce è opinabile. Lo stesso Calvagna dice a più riprese nel film e nel backstage del dvd che la violenza è parte della società e suona quasi come una giustificazione, come se gli ultras veicolassero una violenza che è nella realtà di tutti i giorni.

Ritengo che cli ultras potrebbero scegliere di non menarsi ma evidentemente non lo fanno e pertanto sono responsabili della violenza che producono e contribuiscono semmai ad aumentare la violenza della società. Ma questa è solo una mia riflessione personale che vale tanto quanto l’opinione di Calvagna.

Nessun commento: