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venerdì 29 luglio 2011

Il simbolo perduto di D. Brown - lettura estiva



Ho da poco finito l'ultimo di Dan Brown. Quando uscì l'anno scorso (o due anni fa, non ricordo) decisi di non comprarlo per tenermelo da parte per momenti propizi. L'estate è uno di questi; Dan Brown è infatti una lettura estiva.





È un po come quando si vede un blockbuster. Tanti effetti speciali ma poca sostanza. In realtà qui la sostanza sembra esserci. L'autore è uno storico dell'arte e sembra scrivere quindi con cognizione di causa. Ovviamente si tratta sempre di un'opera commerciale a dispetto del messaggio mistico che vorrebbe trasmettere al volgo mondiale.





Ho la sensazione che Brown provi una certa venerazione per le unità aristoteliche di tempo, luogo e spazio. È il quarto romanzo che leggo di quest'autore e ricorrono sempre tre caratteristiche che penso ormai siano la sua ricetta preferita per costruire una storia.



La prima è il mantenere lo svolgimento dei fatti entro luoghi molto ristretti spazialmente, e soprattutto entro un arco ristretto di tempo: qualche giorno o un solo giorno addirittura.



La seconda è il ricorso spasmodico al flashback di cui Dan Brown è secondo me un maestro. La sua tecnica consiste infatti nel procedere lentamente con la trama principale che è costantemente intervallata da rimandi al passato con il duplice fine di spiegare le premesse allo svolgimento presente (ad esempio approfondire un'esperienza passata del personaggio) e riempire i numerosi capitoli. Il simbolo perduto si svolge praticamente in una nottata. Ma sono la bellezza di 600 e passa pagine che bisogna sorbirsi prima di sapere come va a finire. Intendiamoci, la maestria di Dan Brown è proprio quella di non far cadere mai la tensione e di aprire come nelle scatole cinesi un enigma dopo l'altro in modo tale che si rimanga attaccati alla storia e ci si chieda sempre: " e poi che succede?".



La terza ed ultima, che si trova anche in Patterson (e secondo me portata all'estremo), consiste nel presentare capitoli molto brevi, di due o tre pagine in modo tale che la lettura sia molto veloce.





In questo romanzo Dan Brown ha inoltre introdotto un altro stratagemma, rivolto secondo me ai più fanatici, cioè l'inserimento di enigmi esposti manifestamente al lettore, attraverso schemi, mappe e riferimenti artistici reperibili nella realtà, che possono essere risolti anche dai lettori. In pratica il romanzo diventa un libro-gioco interattivo che sfida il lettore e lo coinvolge anche oltre il racconto.





In sintesi. Come gli altri precedenti, a me è piaciuto. Ma a me la sua ricetta piace molto. È un po' come la torta che preferite, quella che non ci si stanca mai di mangiare e sulla quale ci si butta quando si ha fame e ci si trova in momenti di vuoto creativo - culinario.





The end.





 



 



 

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