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martedì 14 agosto 2018

Pian della Tortilla

Nella mia poderosa ignoranza devo dire che ho terminato con lentezza le 153 pagine dell'edizione di Famiglia Cristiana di Pian della Tortilla di Steinbeck, frutto di un consueto saccheggio della biblioteca di mia nonna.

Pensavo di essere più veloce, ma sarà appunto che sono un ignorante, io la traduzione di Elio Vittorini non l'ho apprezzata. Ho davvero faticato a digerire frasi in cui l'avverbio di tempo o quello di luogo sono messi davanti al soggetto quando dovrebbero stare dietro.

Ma ripeto, probabilmente dipende da me. Comunque avevo trovato insopportabile Uomini e no di Vittorini per cui qualche dubbio mi viene.

Questo Tortilla viene definito da più parti un romanzo picaresco. Forse per la struttura, a episodi e nella parte centrale anche abbastanza indipendenti tra loro quasi come dei racconti a sé stanti, forse per la libertà, scevra da qualsiasi regola che non siano i pochi capisaldi dell'amicizia, dell'onore e della religione, con cui conducono la loro esistenza i personaggi descritti. Manca infatti il viaggio, il vagabondare per mille luoghi. Le vicende si snodano in una sorta di unità di luogo, la casa del protagonista Danny nella zona appunto denominata Pian della Tortilla, a Monterey in California poco dopo la prima guerra mondiale. La durata della storia è compresa in pochi mesi. L'ambiente è quello dei paisanos, una popolazione incrocio di indio spagnoli, messicani ed altri caucasici. Essi vivono ai margini della società americana e con questa hanno pochi rapporti, più per anelito alla propria libertà che per rigetto da parte di quella.

È un romanzo agile, a dispetto della mia lentezza di lettura. Lo consiglierei anche per l'humour sottile e ironico che pervade buona parte delle vicende narrate.

Fine

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