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domenica 26 agosto 2018

Fight club - romanzo

Ho sentito l'esigenza di rileggere questo romanzo per due motivi: primo non ricordavo le differenze rispetto al film; secondo col sopraggiungere dei quarant'anni mi identifico sempre più nelle tesi di Tyler Durden.

Tu non sei il tuo lavoro. Tu non sei il tuo conto in banca. Tu non sei la tua auto. Tu non sei i vestiti che porti.

È inutile parlare delle differenze tra libro e film. Andrebbero fruiti entrambi in qualsiasi ordine, non importa.

Considero comunque imprescindibile la letttura della postfazione al romanzo della traduttrice Pivano. Sostanzialmente dice che per l'autore solo cancro e sangue si salvano dall'annientamento della società occidentale. Dice anche che questo romanzo è la critica della generazione x ai baby boomers. Certo, il romanzo può essere anche questo. Certo, è un prodotto della generazione x e certamente si critica la società. Però la Pivano non può entrare nel merito della critica.

A me invece piace proprio per il contenuto, per quello che viene detto.  Perché disvela i paradossi della retorica con cui siamo cresciuti. Mette a nudo il fatto che non diamo più uomini ma consumatori.

Alcune frasi sono assiomatiche.

Le cose che possiedi alla fine ti possiedono.

La tv ci ha insegnato che saremmo diventati tutti ricchi e famosi, ma non è così.

E così via.

No, secondo me la Pivano non dice abbastanza. Tyler Durden è un profeta e non a caso ha un'origine nell'inconsio, nella parte più buia e profonda e diciamolo, intimamente ribelle, della natura umana.

È necessaria una critica alla nostra società soprattutto ora che siamo quasi tutti lobotomizzati da sti cazzo di smartphone. E mi ci metto dentro anch'io, non sono un'ipocrita.

Mi viene in mente una scena splendida di Essi Vivono di Cronenberg, quando lui cammina per la città con indosso gli occhiali da sole che svelano la realtà e il complotto degli alieni. Prende delle banconote e legge cosa c'è scritto sopra davvero: Sono il tuo Dio.

Stupendo. E tragicamente vero.

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