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lunedì 7 settembre 2015

I Minions

Sono andato a vedere "I Minions". 

Prima dell'estate, di fronte al martellamento pubblicitario al quale siamo stati sottoposti per giorni, ho promesso a Mdl che ci saremmo andati ed ecco fatto. Mi sono sentito un buon padre quando le ho detto: sabato pomeriggio andiamo a vedere I Minions. 

Da vedere? Beh, non è male. Dura poco, un'ora e mezza circa e il ritmo è costantemente alto per tutto il tempo. 
Vero è che mi stavo addormentando verso i tre quarti del film, ma non è dipeso dal film in sé, quanto dal fatto che fossimo allo spettacolo delle tre di sabato pomeriggio (orario consacrato alla necessaria pennichella) e dal fatto che la sera prima avevo fatto le ore piccole davanti a "How I met your mother" (ne dovrò scrivere prima o poi...). 

Comunque il film c'è e si mantiene bene per tutto il tempo.
Ma non è niente di più di qualsiasi cartone animato di adesso. Stessa computer grafica, stessi personaggi "spiritosi", una trama rodata su chilometri di pellicole, ammiccamenti e citazioni varie. Che poi mi chiedo chi sia il pubblico di elezione per questi cartoni animati. Perché se io capisco la scena in cui i Minions, uscendo da un tombino, capitano proprio sotto i Beatles che attraversano la celebre Abbey Road del sobborgo di Camden a Londra (cavoli, ci sono stato e proprio a Camden nel '97 e non sono andato a vedere dov'era. Che pirla!), siamo infatti nella swinging London dei sixties, (dopo una breve carrellata dagli albori della vita sulla terra in cui si capisce l'origine di 'sti benedetti Minions), mia figlia Mdl di anni 5, che avrà capito?

Ho l'impressione che, a differenza di un tempo, questi cartoni (che oramai "cartoni animati" non sono più perché è tutto fatto al pc), sono realizzati da una generazione di persone che ha perso quell'innocenza che avevano i loro predecessori. E per innocenza intendo quel senso di magia che c'era nel realizzare un lungometraggio animato, e delle emozioni che avrebbe suscitato nel pubblico. Voglio dire, per quanto certe storie fossero semplicemente la riproduzione sul grande schermo di antiche fiabe, di tradizione secolare, come ad esempio quelle dei fratelli Grimm o di Perrault (vedi Biancaneve, vedi Cenerentola, e così via), e quindi in qualche modo già presenti nell'immaginario collettivo, mantenevano comunque una freschezza e un senso di novità che ora mi sembra scomparso. 
Magari questi Minions entreranno nell'immaginario collettivo e li assorbiremo come abbiamo assorbito Harry Potter (avete notato le serie e i film in cui si cita il castello di Hogwarts come fosse un luogo oramai entrato nel bagaglio culturale di ognuno, manco fosse Troia), se non altro per l'intenso battage pubblicitario e di merchandising al quale siamo soggetti (Minions al fast food, sui quaderni di scuola, quando compri le banane, ecc.). Eppure manca la novità, la freschezza. 

Cosa c'è di nuovo? I personaggi? Sì, vabbé, ci sono questi cosi gialli dalla forma vagamente sessuale (sono di "varie misure", hanno la punta arrotondata e pochi peli in testa, e in una scena uno viene stirato e si allunga. Che cosa vi ricorda?), che parlano un miscuglio di Inglese, spagnolo, coreano (non l'ho riconosciuto il coreano, lo so perché l'ho letto su una rivista), yiddish, italiano e qualcos'altro di vagamente slavo, e che adorano le banane e si fanno scherzi a vicenda.  

Per carità sono simpatici, ma in fin dei conti sono dei puffi itterici, un po' più rincoglioniti e molto più cattivi. Piacciono perché hanno le movenze da bambini di due anni e sono più stronzi. 

Sappiamo che i cineasti americani pescano a man bassa dai vecchi miti di mezzo mondo per riproporre sempre la stessa storia. Qui abbiamo ad esempio il mito archetipo del "viaggio dell'eroe". I tre eroi, in questo caso, devono attraversare mari e monti per trovare un proprio posto nel mondo (essere gli aiutanti di un super cattivo, meglio se il super cattivo più super e più cattivo di tutti). In pratica si tratta di un processo di individuazione secondo la psicologia junghiana. 
Chi trovano? Una donna. Ma, veramente cattiva. 
Tale femme fatale prima li vezzeggia e li coccola, poi ne abusa (tranquilli non in quel senso, nonostante la loro forma, ma semplicemente ordinandogli di realizzare un'impresa molto pericolosa). Ovviamente le cose precipitano e da cattiva, loro amica, la cattiva diventa veramente cattiva, nel senso che diventa la villain del film, da cui loro devono scappare. Ecco un altro archetipo, la "madre cattiva", che ostacola il processo di individuazione dei nostri protagonisti. 

Ovviamente essendo contrario agli spoiler non vado oltre. Ma non rovino nulla se dico che i buoni vincono e i cattivi perdono. 

Un'altra cosa. Non ho niente contro le multisale, anche se da impenitente passatista rimpiango i cinema mono sala di un tempo, che nella mia città sono stati letteralmente sterminati. Le multisale sono colorate, organizzate, divertenti. Però hanno anche il costo di una gioielleria del centro. Anni fa andavo al cinema spesso, e non ricordo di dover prima passare dalla banca per chiedere un mutuo. Che non diventi uno svago d'elite, se no lo vogliamo proprio uccidere il cinema.

the end

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